Numerosi studi epidemiologici e clinici hanno ormai confermato la relazione causale tra l’accumulo adiposo e l’incidenza tumorale. In particolare è stato osservato che all’aumentare dell’Indice di Massa Corporea (kg/m2) il rischio di ammalarsi di tumore è più alto, soprattutto per quanto riguarda il tumore all’utero, al fegato, al rene, al colon-retto, alla prostata ed alla mammella. Ciò vale ancor di più se il grasso è localizzato a livello addominale. In aggiunta i pazienti oncologici in sovrappeso o obesi sviluppano tendenzialmente una patologia più aggressiva con una prognosi peggiore.

Quali sono i meccanismi coinvolti?

Il tessuto adiposo bianco non ha soltanto la funzione di riserva energetica, ma secondo le ultime evidenze scientifiche può essere considerato un vero e proprio organo endocrino. In particolare il grasso addominale secerne un ampio spettro di molecole quali le adipochine, l’adiponectina, la leptina, il TNF-α e l’interleuchina 6 (IL-6). Questi fattori alterano il metabolismo degli zuccheri e dell’insulina causando resistenza insulinica e stimolano le cellule immunitarie in senso pro-infiammatorio. In particolare l’IL-6 e TNF-α rappresentano mediatori infiammatori che dando avvio a complessi effetti cellulari promuovono la tumorigenesi. E’ possibile perciò affermare che l’obesità è accompagnata da una disregolazione della risposta immunitaria.

Quanto scritto sopra rappresenta un indiscutibile campo di intervento nutrizionale, poiché una stimolazione eccessiva dell’insulina conduce all’accumulo adiposo. Per di più livelli elevati di massa grassa ostacolano a loro volta le capacità fisiologiche di regolare la glicemia e l’insulinemia. Per quanto riguarda il campo oncologico è fondamentale tenere sotto controllo gli stati di iper-insulinemia. A supporto di ciò gli studi epidemiologici hanno più volte riconfermato la stretta correlazione tra l’insorgenza tumorale e la sindrome metabolica o il diabete di tipo II. Benché il rischio di tumore come abbiamo visto è ben evidente nel sovrappeso, è stato osservato che anche una glicemia all’estremo superiore dell’intervallo di normalità è associata ad un rischio maggiore e ad una prognosi peggiore, persino nei soggetti normopeso. A ciò si aggiunga che la maggior parte delle cellule tumorali mostra alterazioni mitocondriali e rispetto a quelle normali richiede un apporto di zuccheri ben più elevato per soddisfare un metabolismo energetico prevalentemente di tipo fermentativo (effetto Warburg).

Altri fattori da tenere in considerazione sono i fattori di crescita quale l’ormone IGF-1, che è stimolato dall’ormone della crescita GH ed raggiunge concentrazioni più elevate nei soggetti obesi. L’asse GH-IGF-1 è legato strettamente ai livelli di insulina e sembra coinvolto nel cancro del colon, della prostata, della mammella e dell’endometrio. In particolare l’aumento del GH in combinazione ad alti livelli di insulina stimola il fegato a produrre IGF-1. Le ricerche sperimentali hanno mostrato quanto le cellule tumorali siano vulnerabili all’assenza di glucosio e di glutammina e molte modifiche epigenetiche avvengono proprio a carico dei geni coinvolti nel metabolismo. Tenendo conto di tutto ciò e del fatto che i carboidrati e le proteine sono in grado di attivare IGF-1, l’alimentazione può contribuire a neutralizzare questi meccanismi pro-cancerogeni.

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Bibliografia essenziale:

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