L’autoimmunità si caratterizza per una reazione anomala del sistema immunitario, che paradossalmente si rivolge contro lo stesso organismo. Oltre a ciò, un aspetto frequentemente riscontrabile in chi soffre di patologie autoimmuni è la presenza di una sensazione di fatica profonda e di stanchezza cronica. Ma quali sono i fattori che possono scatenare o aggravare questa stanchezza? Scopriamoli insieme in questo articolo del Cembio.

Malattie autoimmuni e fatica cronica

Ad oggi sono classificate più di cento diverse malattie autoimmuni, la cui incidenza nella popolazione generale continua ad avanzare progressivamente con il passare del tempo. Esempi di queste patologie sono la psoriasi, la vitiligine, la sindrome di Sjӧgren, la tiroidite di Hashimoto, l’artrite reumatoide, la celiachia ed il morbo di Crohn. Al di là dei sintomi specifici di ogni malattia autoimmune un aspetto frequentemente riscontrabile, ma purtroppo trascurato, è la percezione di una stanchezza e spossatezza persistente.

Per fatica cronica si intende un periodo prolungato di esaurimento delle energie insieme all’incapacità di svolgere appieno le normali attività di una giornata. Trattasi di una spossatezza psicofisica, cioè con debolezze muscolare, facile affaticabilità e tachicardia post-sforzo, così come è accompagnata da una da una riduzione della vigilanza mentale, dell’orientamento e delle prestazioni cognitive.

La fatica cronica evidenzia un bisogno di recupero e di una fase riparativa dell’organismo.

Se da un lato la stanchezza riguarda il 7-45% della popolazione generale, questa percentuale può salire fino al 98% in caso di malattie autoimmuni. Questa sensazione è percepita in due casi su tre come molto intensa, debilitante e limitante al punto tale da non essere migliorata neanche dal riposo.

Tutto ciò non è ovviamente privo di conseguenze, in quanto la stanchezza cronica incide negativamente sui seguenti aspetti:

  • Umore;
  • Vita sociale;
  • Svolgimento delle attività giornaliere;
  • Attività fisica;
  • Produttività lavorativa.

L’importanza dell’infiammazione

In generale le malattie autoimmuni sono accompagnate da un maggior rilascio di sostanze pro-infiammatorie nel corpo, a seconda della tipologia specifica della malattia e del suo decorso. Questo maggiore stato infiammatorio innesca complessi meccanismi biologici che contribuiscono alla sensazione di fatica interferendo con il sonno, l’ansia, l’umore, le capacità di far fronte allo stress, la motivazione e gli aspetti cognitivi. In merito i mediatori più importanti sono le cosiddette citochine, piccole molecole capaci di mettere in comunicazione cellule diverse, modulare la risposta immunitaria, influenzare la crescita e la maturazione delle cellule stesse.

A titolo di esempio l’interleuchina 1 e 6, l’interferone gamma ed il TNF-α mostrano proprietà infiammatorie ed inducono la percezione di stanchezza e sonnolenza. In sintesi sulla base delle più recenti ricerche scientifiche lo stato infiammatorio assume un ruolo chiave nella comparsa e nel mantenimento della stanchezza cronica, in particolare per quanto riguarda la cosiddetta infiammazione del sistema nervoso, detta neuro-infiammazione.

Cervello e percezione della fatica

La stanchezza è un qualcosa che si prova, una sensazione complessa e soggettiva, che viene elaborata dal nostro sistema nervoso. Per questo motivo un numero crescente di studi si sono focalizzati nello studiare che cosa accade a questo livello. Riassumendo e senza scendere in troppi tecnicismi i risultati mostrano che lo stato infiammatorio innescato negli organi periferici (per esempio per cause autoimmuni) può provocare un aumento dello stato infiammatorio anche a carico del sistema nervoso centrale. Ciò avviene per la presenza dei fattori pro-infiammatori circolanti nel sangue ed anche attraverso ad un nervo importante, il cosiddetto nervo vago. Quest’ultimo svolge infatti una doppia funzione: da un lato trasmette i segnali di ciò accade nel corpo a livello centrale, cioè al cervello, e dall’altro è in grado di mettere in moto processi ad azione anti-infiammatoria. Inoltre, si ritiene che attraverso gli effetti sulla broncocostrizione, produzione di glucosio, risposte respiratorie e sulla frequenza cardiaca esso possa influenzare il senso di spossatezza.

La neuroinfiammazione svolge un ruolo molto importante nella stanchezza cronica.

La spossatezza persistente è associata a cambiamenti nell’attività e nel rifornimento di ossigeno delle aree cerebrali coinvolte nell’attivazione psicofisica, nelle capacitò attentive, nella veglia e nei tempi di reazione. In particolare si assiste frequentemente anche a cambiamenti dei livelli dei neurotrasmettitori, che sono molecole utilizzate per le comunicazioni dei neuroni e sono fondamentali per regolare numerosi aspetti come la veglia, l’appetito, la motivazione, l’umore e persino l’infiammazione. Per esempio è possibile osservare una diminuzione della noradrenalina, un neurotrasmettitore eccitatorio, così come un deficit oppure un eccesso di dopamina.

Il ritmo circadiano e il sonno

Un ulteriore aspetto importante da tenere in considerazione è il ritmo circadiano, cioè la sincronizzazione della biologia e delle attività a seconda dell’altezza del Sole e dei cambiamenti luce-buio. In tutto ciò svolge sicuramente un ruolo chiave il sonno, cui dedichiamo normalmente circa un terzo della nostra vita. Diverse evidenze hanno osservato un maggior rischio autoimmune in coloro che soffrono di insonnia cronica. Inoltre, non è un caso che le persone con una diagnosi di autoimmunità alle spalle riportino di non dormire spesso bene, oppure di soffrire di apnee notturne o della sindrome da gambe senza riposo, mentre al mattino si sentano molto “scariche”. In aggiunta, non si può dimenticare il fatto che la frequente presenza di dolori di origine autoimmune incide ovviamente sulla qualità del sonno.

I disturbi del sonno sono associati ad un maggior rilascio di sostanze infiammatorie.

È ben noto che la sindrome da fatica cronica mostra una relazione molto stretta tra cattivo sonno, dolori e stanchezza. In caso di patologie autoimmuni si riscontra frequentemente una sonnolenza diurna a causa dell’insonnia oppure di un sonno molto frammentato. Anche in questo caso si ipotizza che la neuro-infiammazione causata dal disturbo del sonno possa aggravare la sensazione di fatica.

Le conseguenze dello stress psicofisico

Oggigiorno si tende ad usare la parola stress per ogni cosa e spesso in modo impreciso. Mentre per definizione una condizione di stress è data da una richiesta esterna o autoindotta superiore alle capacità di affrontare la domanda stessa. Inoltre, per stress non si deve intendere solo lo stress mentale, ma anche quello emotivo e fisico come per esempio in caso di sovrallenamento sportivo, infezioni e dolore cronico.

Lo stress psicofisico attiva un asse neuro-endocrino che coinvolge le regioni del cervello dette ipotalamo e ipofisi insieme alle ghiandole surrenali, le quali a loro volta sono responsabili del rilascio di adrenalina, noradrenalina e dell’ormone cortisolo. Tendenzialmente le persone con patologie autoimmuni riferiscono un maggior livello di stress rispetto alla media e ciò può influire sul funzionamento ormonale, neurologico e immunitario. Ne consegue che lo stress cronico, il sonno e la spossatezza sono fortemente intrecciati tra loro.

Altri fattori coinvolti

Altre cause possono risiede in sbilanciamenti del metabolismo, il cui termine si riferisce all’insieme delle reazioni biochimiche che trasformano i nutrienti in fonti di energia spendibile per le innumerevoli attività cellulari. Per esempio diete a basso apporto calorico, oppure troppo restrittive, così come digiuni impropri o non necessari possono determinare effetti metabolici con disturbi del sonno e fatica persistente. Altre cause possono riguardare la presenza di iperventilazione, l’abuso di caffè, di tonici o di droghe.

Cembio: come possiamo aiutarti

Il Centro di Medicina Biologica affronta la stanchezza cronica e persistente attraverso percorsi terapeutici da valutare in sede di consulto specialistico. La fatica cronica dipende infatti da numerosi fattori e può essere aggravata dalle specificità immunologiche e/o endocrine della malattia autoimmune. In sintesi possono esservi coinvolti fattori infiammatori, neurologici ed ormonali che possono ripercuotersi negativamente sulla voglia di fare, sull’attenzione, sulle energie e sulla qualità del sonno.

Presso il nostro Centro effettuiamo analisi innovative per valutare in modo approfondito eventuali disfunzioni e fattori di rischio alla base del disturbo come per esempio l’analisi del sistema nervoso autonomo, le carenze di micronutrienti, i livelli di citochine ed il dosaggio dei neurotrasmettitori. Infine, aiutiamo la Persona tramite cure personalizzate e trattamenti strumentali che apportano un notevole beneficio in queste problematiche come per esempio il trattamento ad induzione ionica, di ripolarizzazione cellulare ed il biofeedback.

Se soffri di stanchezza cronica contattaci per un primo appuntamento. La nostra segreteria è lieta di ascoltarTi.

Riferimento bibliografici principali:

  • Cortes Rivera M, Mastronardi C, Silva-Aldana CT, Arcos-Burgos M, Lidbury BA. Myalgic Encephalomyelitis/Chronic Fatigue Syndrome: A Comprehensive Review. Diagnostics (Basel). 2019 Aug 7;9(3):91;
  • Ariza ME. Myalgic Encephalomyelitis/Chronic Fatigue Syndrome: The Human Herpesviruses Are Back! Biomolecules. 2021 Jan 29;11(2):185;
  • Eccles JA, Davies KA. The challenges of chronic pain and fatigue. Clin Med (Lond). 2021 Jan;21(1):19-27;
  • Zielinski MR, Systrom DM, Rose NR. Fatigue, Sleep, and Autoimmune and Related Disorders. Front Immunol. 2019 Aug 6;10:1827;
  • Lee CH, Giuliani F. The Role of Inflammation in Depression and Fatigue. Front Immunol. 2019 Jul 19;10:1696.
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