L’inquinamento ambientale e quella alimentare rappresentano purtroppo una caratteristica ubiquitaria delle società industrializzate ed urbane. Gli inquinanti sono diffusi ormai ovunque a livello del suolo, delle falde, dell’aria e della catena alimentare. Una parte di questi inquinanti tossici sono i metalli pesanti, cioè elementi chimici che non hanno un ruolo biologico nel corpo ed anzi possono eventualmente accumularsi e provocare danni cellulari. Esempi di metalli pesanti sono il piombo, il cadmio, l’arsenico, il nickel, l’alluminio, il tungsteno ed il mercurio. Scopriamo che cosa sono e come rilevarli nel modo corretto.

La problematica dei metalli pesanti

I metalli pesanti ad azione nociva possono entrare nel nostro corpo per motivi professionali, oppure più frequentemente e insidiosamente attraverso il contatto con oggetti di uso quotidiano, i cosmetici, le amalgame dentarie, le protesi e gli impianti ossei, alcuni farmaci o integratori, packaging alimentare, gli alimenti e le bevande.

La ricerca tossicologica ha recentemente dimostrato l’estrema pericolosità della esposizione cronica a questi elementi chimici e persino a bassi dosaggi. I metalli pesanti, infatti, si possono accumulare lentamente all’interno dei tessuti,  ma non partecipano ad alcuna attività funzionale biologica e la loro azione consiste nel bloccare l’attività di numerosi complessi enzimatici con effetti cumulativi nel corso del tempo.

Gli effetti tossici sull’organismo

A livello dei tessuti e degli organi i metalli tossici possono alterare le normali reazioni delle cellule, aumentare il rilascio di radicali liberi e promuovere lo sviluppo di reazioni a carattere infiammatorio. Inoltre, alcuni metalli pesanti sono in grado di influenzare lo stato ormonale dell’organismo.

Inizialmente il sangue è il principale mezzo di trasporto dei metalli, che vengono trasportati differentemente a seconda della forma di legame, della diffusibilità e della disponibilità di molecole di legame. Le principali vie di escrezione dei metalli, invece, sono quella renale e quella biliare-intestinale. Tuttavia l’accumulo e la tossicità da parte di queste sostanze nocive sono aggravati dalla generale tendenza a depositarsi nei tessuti nel corso degli anni ed in modo particolarmente resistente. Ecco perché in caso di un accumulo accertato ed eccessivo è necessario rivolgersi ad uno specialista per effettuare la terapia chelante, il trattamento di eccellenza per la rimozione dei metalli tossici.

Test ed analisi dei metalli pesanti

A causa della loro ubiquità l’intossicazione cronica da metalli oggi interessa una larga percentuale della popolazione in tutte le fasce d’età, fin dalla primissima infanzia (es. allattamento). Per esempio una larga percentuale della popolazione adulta presenta in media 3-5 amalgame al mercurio, che rappresenta oggi la prima causa di tossicità da mercurio. Per queste ragioni l’accertamento di un’eventuale intossicazione cronica da metalli rappresenta un’opzione da tenere in considerazione in caso di attività lavorativa a rischio e qualora si sia in presenza di una malattie cronico-degenerativa, oppure quando la diagnosi è incerta, oppure in fase di preconcepimento.

Il metodo più obiettivo e scientificamente valido per la determinazione della tossicità da metallo è rappresentato dal test di chelazione, che consiste nel confronto tra i valori di metallo tossico presente nelle urine prima e dopo la somministrazione di farmaci chelanti come per esempio l’acido etilendiaminotetracetico (EDTA), l’acido meso-2,3 dimercaptosuccinico (DMSA) e l’acido2,3-dimercaptopropano-1-sofonico(DMPS). A differenza di altre analisi (es. capello, sangue) il test di chelazione è il più accurato ed informativo su ciò che è presente a livello organico. Ad ogni modo il test di chelazione e la terapia di chelazione devono essere valutati da uno specialista al fine di valutare lo stato generale di salute, gli esami diagnostici ed escludere eventuali controindicazioni ai trattamenti.

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