Il dolore cronico può assumere molte sfaccettature a seconda dei vari fattori coinvolti, i quali possono essere di natura biologica, emotiva, mentale e risentire persino degli aspetti sociali. Il focus di questo articolo del Cembio è di approfondire in modo divulgativo gli elementi che sono coinvolti nel mantenimento o nell’aggravamento del dolore persistente. Scopri di più di che cosa si tratta nei seguenti paragrafi.

Quando il dolore diventa cronicizzato?

Il dolore si può definire cronico quando il tempo di guarigione supera quello normale. Se da un lato la ragion d’essere del dolore è di evitare un potenziale danneggiamento del corpo e di salvaguardare i tessuti lesionati. D’altra parte il dolore cronico rappresenta l’esito di un processo disfunzionale e di non risoluzione fisiologica.

Se dopo tre mesi il dolore persiste, nonostante la lesione sia apparentemente guarita, si entro in una condizione di dolore ormai persistente, in cui avvengono cambiamenti rilevanti a livello del sistema nervoso periferico, cioè dei nervi, e centrale (cervello, midollo spinale). È importante sottolineare che il dolore cronico non è una semplice continuazione di quello acuto, bensì la conseguenza di un’attivazione troppo prolungata nel tempo dei recettori del dolore. Si osserva pertanto una cosiddetta “sensibilizzazione”, cioè il mantenimento di uno stato di spiccata reattività persino di fronte a stimoli poco dolori o innocui, anche di natura meccanica o termica.

Aspetti importanti da ricordare

Il dolore cronicizzato può insorgere in seguito ad operazioni chirurgiche oppure a malattie come per esempio le cefalee, la fibromialgia, l’artrite reumatoide, l’artrosi, la lombosciatalgia o altro. Riteniamo importante sottolineare innanzitutto che i disturbi caratterizzati da dolore cronico meritano di essere valutati secondo un’ottica complessa e non soltanto fisica, bensì biopsicosociale, cioè collegata a fattori sia fisici, sia emozionali, sia comportamentali, sia mentali che legati alla qualità delle relazioni sociali.

Si stima che in Europa circa una persona su cinque soffra di varie forme di dolore persistente, senza trovare un sollievo duraturo dall’utilizzo tipico di analgesici. Di fatto molto spesso i trattamenti più usati per il dolore cronico si limitano soltanto a togliere temporaneamente i sintomi, senza tener conto del fatto che un uso troppo prolungato di alcuni farmaci antidolorifici potrebbe portare ad effetti avversi. In aggiunta, oltre alle ricadute sul corpo queste problematiche incidono negativamente anche sull’umore, sulle capacità di concentrazione, sul sonno e sul ritiro sociale.

I fattori che influenzano il dolore

In generale la sensazione del dolore corporeo è frutto di una complessa interazione di processi immunitari, vascolari e nervosi. In seguito a traumi, irritanti o patogeni il dolore viene recepito da fibre nervose specializzate e presenti nei tessuti innervati della pelle, dei muscoli, delle articolazioni e degli organi interni fino a percorrere il midollo spinale e raggiungere i circuiti cerebrali associati all’elaborazione della sensazione dolorifica.

Le risposte infiammatorie non adeguatamente regolate o iper-reattive rivestono un ruolo importante in molti disturbi e possono contribuire al dolore neuropatico o infiammatorio. Se da un lato è perciò abbastanza noto il coinvolgimento delle cellule immunitarie e dell’infiammazione è meno conosciuto invece il ruolo del sistema nervoso, a partire dal cervello fino ai nervi più periferici. Il dolore è influenzato in primo luogo dai neuroni responsabili della sensazione del dolore e contribuiscono direttamente all’attivazione delle cellule immunitarie, le quali a loro volta possono incrementare l’infiammazione ed il passaggio del dolore.

Il dolore cronico prende avvio sulla base di processi neurologici, immunitari e vascolari.

Tutto ciò nel tempo porta ad un aumento dell’eccitabilità nervosa insieme ad una minor capacità di inibizione del segnale doloroso. Questi eventi sono riscontrabili per esempio nella fibromialgia, nel dolore neuropatico periferico e nell’emicrania. Pertanto oltre ai mediatori infiammatori classici intervengo ed amplificano il segnale doloroso anche l’istamina, l’acidificazione dei tessuti e molecole rilasciate dai neuroni (es. serotonina, glutammato, CGRP, sostanza P).

L’effetto delle variabili psicosociali

A differenza di quanto si generalmente si crede la quantità di dolore provato non è direttamente proporzionale alla lesione dei tessuti ed alcuni dolori persistenti non hanno chiari indizi di danno fisico-biologico. Il dolore quindi non dipende soltanto dal danno effettivo o dall’infiammazione, ma anche dallo stato cognitivo ed emozionale.

Se da un lato esiste chiaramente una correlazione tra il dolore cronico e le sue ricadute dell’umore è ben chiaro che anche i disturbi del tono dell’umore, l’ansia ed il disagio psicologico rappresentano uno dei più potenti fattori coinvolti nel passaggio dal dolore acuto a quello persistente. L’umore depresso, lo stress e l’ansia sono in aggiunta particolarmente comuni nelle persone che lamentano dolore osteo-muscolare, anche tendenzialmente prima che questo sopraggiunga rendendo la persona più vulnerabile al dolore stesso.

I fattori psicosociali non sono secondari al dolore, ma vi contribuiscono attivamente.

Molto frequentemente è l’intensità dei sintomi emotivi che incide di più rispetto alla semplice intensità del dolore sul benessere e sulle capacità di svolgere le attività giornaliere ed il lavoro. Così come il disturbo da stress post traumatico rappresenta un importante fattore di suscettibilità a riguardo, al pari di un atteggiamento mentale improntato all’esagerazione e catastrofizzazione del dolore.

D’altra parte il supporto sociale, per esempio da parte di familiari, amici o partner, funge da fattore protettivo sotto molteplici punti di vista. È ormai chiaro l’effetto benefico degli altri e delle figure più care sia sul dolore provato, sia sul mantenimento delle funzionalità che sulla qualità di vita della persona.

Un altro aspetto riguarda la qualità delle interazioni e delle relazioni sul posto di lavoro, in quanto l’insoddisfazione con i colleghi ed il minor accesso a forme di compensazione a fronte del dolore provato predice il peggioramento e la disabilità in modo rilevante. Ne consegue quindi che diverse variabili psicologiche e sociali influenzano la probabilità di incorrere in problematiche di dolore cronico, la loro intensità, disabilità e l’efficacia delle terapie.

Cembio: il nostro approccio per la salute

Presso il Centro di Medicina Biologica adottiamo un approccio multidisciplinare ed integrato ai disturbi caratterizzati da dolore cronico. In particolare attraverso consulenze, analisi e cure approfondiamo i fattori che possono contribuire al dolore ed alla sua sensazione spiacevole, agendo più sulle cause che sui sintomi apparenti. Ciò perché è noto che contrastare l’infiammazione tramite anti-infiammatori alla lunga non è spesso sufficiente per contenere il dolore. Senza tralasciare il fatto che frequentemente e purtroppo non vengono tenuti in gran considerazione gli aspetti legati alle emozioni ed alla qualità del sonno, oppure al benessere gastrointestinale. Pertanto secondo noi il dolore non dipende soltanto dalla problematica locale, ma anche da processi più ampi attinenti al funzionamento vascolare (es. linfa), immunitario (es. autoimmunità), neuronale e psicosociale.

Per questo motivo in seguito ad un primo appuntamento i nostri specialisti sono in grado di guidare la persona che si rivolge presso il nostro Centro verso le analisi, le cure e/o i trattamenti più adatti specificatamente per la Persona.

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Riferimento bibliografici principali:

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