L’attenzione rappresenta una delle funzioni cognitive essenziali per la valutazione, la scelta e la messa in atto dei comportamenti secondo la direzione voluta. Senza questa funzione la nostra esperienza apparirebbe più discontinua, irregolare, confusa, estranea e frutto di automatismi. Un deficit attentivo significativo e pervasivo fa parte frequentemente di un quadro più ampio, il cosiddetto disturbo da deficit di attenzione/iperattività. In tali casi le sedute di Neurofeedback possono essere di notevole aiuto. Vediamo di che cosa si tratta.

Introduzione al DDAI o ADHD

Il disturbo da deficit di attenzione/iperattività (DDAI, in inglese ADHD) è caratterizzato da una significativa preponderanza di comportamenti di disattenzione, iperattività e/o impulsività al punto tale da interferire con le attività giornaliere e con le relazioni sociali. È importante tenere a mente che questi aspetti devono essere di intensità rilevante e devono essere presenti in più contesti come per esempio a casa, a scuola, a lavoro o nel tempo libero.

In particolare lo stato di disattenzione può riguardare i seguenti aspetti:

  • Scarsa perseveranza nei compiti;
  • Distrazione e divagazione;
  • Disorganizzazione;
  • Notevole difficoltà nel mantenere l’attenzione.

L’iperattività invece si presenta con la manifestazione di movimenti eccessivi e frequenti in momenti o contesti inappropriati, oppure da un eccessivo dimenarsi, da loquacità irrefrenabile, irrequietezza e da minori attività motorie come per esempio i tamburellamenti continui. Infine, si definiscono azioni impulsive quelle azioni effettuate all’istante, senza premeditazione, pur a fronte di un potenziale danno per l’individuo e per gli altri. Ulteriori caratteristiche associate comprendono umore labile o irritabile, così come una bassa tolleranza di fronte alle frustrazioni.

Si stima che questo disturbo sia presente nel 5% dei bambini e nel 2,5% degli adulti.

Il disturbo da deficit di attenzione/iperattività è molto spesso individuato durante l’infanzia per poi spesso stabilizzarsi fino all’adolescenza. Nel passaggio all’età adulta l’iperattività motoria tende ad essere meno preponderante, mentre continuano gli effetti della disattenzione, impulsività, irrequietezza, nervosismo e di una scarsa organizzazione generale. Ne consegue che il DDAI è caratterizzato da disinibizione dei comportamenti, difficoltà nell’autocontrollo e da disagio emotivo. In particolare sembra che le femmine tendano più dei maschi a manifestare primariamente aspetti disattentivi.

Non solo nell’infanzia

Benché in passato si credesse che il DDAI si verificasse solo nei bambini attualmente è ormai riconosciuto che in un numero non infrequente di casi i sintomi e gli effetti di questo disturbo perdurino fino all’età adulta. Anche se la gravità tende a diminuire rispetto all’infanzia gli adulti tendono a mantenere soprattutto i sintomi di disattenzione, umore altalenante, nervosismo impaziente e disorganizzazione delle attività giornaliere.

Se da un lato nei bambini questo disturbo è associato a minori risultati scolatici ed esclusione sociale, dall’altro negli adulti a prestazioni lavorative scarse e conflittualità interpersonale. In aggiunta, con il passare degli anni vi è un maggior rischio di uso di sostanze, incidenti e di obesità. Purtroppo la difficoltà o la mutevolezza nel raggiungimento dei compiti può essere interpretato dalle persone vicine che non conoscono le reali caratteristiche del disturbo come atteggiamenti pigri, irresponsabili o negligenti.

Quali conseguenze?

Le persone con un forte tratto di disattenzione necessitano di promemoria per ricordare i loro impegni, abbandonano velocemente i compiti non appena si annoiano, perdono frequentemente oggetti, hanno difficoltà a organizzare le priorità, passano da un progetto ad un altro e spesso necessitano di aiuto per concentrarsi su un’attività alla volta per completarla. Gli adolescenti o adulti più iperattivi possono sentirsi continuamente agitati, hanno bisogno di essere stimolati, parlano molto e non riescono a stare molto fermi, mentre in caso di impulsività rilevante possono prendere decisioni rischiose non ponderate, cambiare spesso i piani, avere comportamenti rischiosi (es. auto, droghe, alcol) e reazioni emotive poco controllate.

I disturbi attentivi provocano facile distraibilità, minore focus e durata dell’attenzione. Tutto ciò può essere alla base di errori, dimenticanze e minore cura di sé. Ovviamente la capacità di attenzione non scompare del tutto, ma queste persone non riescono a mantenere il focus su stimoli appropriati ed al momento corretto, sono incapaci di filtrare gli stimoli irrilevanti e mostrano notevole difficoltà a rimanere motivati a lungo.

Fattori di rischio e neurofisiologia

Il DDAI o ADHD non ha una causa determinate, bensì essendo di origine multifattoriale tra i fattori di rischio è possibile citare la suscettibilità genetica, l’intossicazione da piombo, alterazioni anatomiche cerebrali, l’abuso materno di sostanze durante la gravidanza ed un parto prematuro con basso peso. In aggiunta numerose ricerche hanno evidenziato alterazioni nella struttura e/o nell’attività cerebrale sia a riposo che durante lo svolgimento di esercizi o compiti. In special modo risaltano per importanza le disfunzioni a carico delle aree cerebrali conosciute tecnicamente come giri frontali, corteccia motoria ed i gangli della base, i quali risultano spesso troppo disattivi durante lo svolgimento di compiti. Una maggiore attività è stata invece evidenziata nelle regioni del cosiddetto Default Mode Network, che normalmente viene inibita durante i compiti ed aumenta invece negli stati di riposo; ciò può essere messo in correlazione con una minor performance finale.

Percorso di Neurofeedback al Cembio

Presso il Centro di Medicina Biologica adottiamo la metodica del Neurofeedback, la quale, attraverso una strumentazione dedicata e non invasiva, consente di prendere consapevolezza dei propri stati mentali ed emotivi ed offre l’occasione concreta di apprendere a gestirli o indirizzarli nella direzione voluta. In seguito al consulto introduttivo le sedute di Neurofeedback permettono quindi alla persona da un lato di diventare consapevoli di quando si prova per esempio agitazione, irrequietezza, distraibilità e dall’altro di interrompere quei processi neuropsicologici che promuovono automatismi, disinibizione e mancanza di focus.

Infine, mediante questa metodologia è possibile osservare come i pensieri, le emozioni e le azioni possano modificare l’attività del cervello ed imparare pertanto a cambiarla in modo tale da agevolare un maggior controllo a livello attentivo, psicomotorio e comportamentale apportando quindi miglioramenti sui sintomi e sulle relazioni con sé e gli altri.

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Riferimento bibliografici principali:

  • Magnin E, Maurs C. Attention-deficit/hyperactivity disorder during adulthood. Rev Neurol (Paris). 2017 Jul-Aug;173(7-8):506-515;
  • Albajara Sáenz A, Villemonteix T, Massat I. Structural and functional neuroimaging in attention-deficit/hyperactivity disorder. Dev Med Child Neurol. 2019 Apr;61(4):399-405;
  • Sapkale B, Sawal A. Attention Deficit Hyperactivity Disorder (ADHD) Causes and Diagnosis in Adults: A Review. Cureus. 2023 Nov 20;15(11):e49144;
  • Choi WS, Woo YS, Wang SM, Lim HK, Bahk WM. The prevalence of psychiatric comorbidities in adult ADHD compared with non-ADHD populations: A systematic literature review. PLoS One. 2022 Nov 4;17(11):e0277175.
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