In questo articolo andremo a scoprire quali collegamenti ci sono tra la cefalea e l’alimentazione soffermandoci sui fattori di rischio e quelli protettivi. Infine verranno approfonditi i risvolti terapeutici per la cefalea a grappolo.

Esso rappresenta uno dei disturbi neuro-infiammatori più diffusi al mondo con una prevalenza di circa il 16-22% nella popolazione adulta. E non senza pesanti conseguenze sullo stato di salute e la qualità di vita. Basti pensare che le crisi di emicrania hanno un notevole impatto sia sul benessere individuale che su quello sociale, come per esempio le prestazioni a livello lavorativo. Ciò è aggravato dal fatto che il disturbo occasionale può evolvere in forma cronica, che spesso diventa particolarmente resistente alle terapie. Chi soffre di cefalee frequenti generalmente accusa diversi fattori scatenanti: cambiamenti meteorologici, stress, carenza di sonno, attività fisica ed alcuni cibo o bevande.

Da alcuni anni gli avanzamenti della ricerca mostrano un legame sempre più stretto tra l’alimentazione e le cefalee. Uno stile alimentare poco sano può abbassare la soglia del dolore in questo disturbo o addirittura provocarne un attacco. Come già accennato, alcune persone sono particolarmente sensibili a certi cibi o loro componenti e la valutazione di uno specialista può aiutare ad individuarli al fine di impostare un’alimentazione adeguata e senza carenze.

Ma i collegamenti tra l’alimentazione e le cefalee non riguardano soltanto i cosiddetti cibi “trigger” o scatenanti, bensì i numerosi processi sottesi dentro l’organismo.

Soffermiamoci un attimo sulle comunicazioni che esistono tra l’intestino ed il cervello. Gli studi mostrano che chi soffre di disturbi gastrointestinali ha generalmente più attacchi di mal di testa rispetto alle persone sane. Basti pensare che il 35-50% dei casi di colon irritabile sono accompagnati anche da cefalea cronica. In aggiunta le associazioni riguardano il morbo celiaco, le malattie infiammatorie intestinali, le infezioni da Helicobacter pylori, la steatosi epatica ed i disturbi biliari.

Un altro attore importante è il microbiota intestinale, cioè l’insieme dei microrganismi che risiedono naturalmente nel nostro tratto digerente. Si è scoperto che il microbiota dell’intestino interagisce con le funzioni cerebrali attraverso segnali immunologici, ormonali, metabolici e neuronali. Quando la composizione e la biodiversità del microbiota sono alterati si instaura una condizione di disbiosi, la quale influenza negativamente l’assorbimento dei nutrienti cerebrali, la permeabilità e l’immunità a livello intestinale. Tutto ciò risulta in un aumento del rilascio di molecole pro-infiammatorie e vaso-attive, che possono passare agevolmente nel sistema circolatorio e raggiungere distretti lontani dall’intestino. Ecco perché l’asse intestino-cervello ed il riequilibrio del microbiota intestinale riveste un ruolo non trascurabile nella prevenzione e nella terapia delle cefalee.

Come abbiamo discusso sopra l’infiammazione rappresenta un punto di collegamento importante tra ciò che si mette in tavola e la cefalea. Un’alimentazione scorretta può alzare i livelli di insulina e di leptina, che è un neuro-ormone con proprietà vaso-attive e pro-infiammatorie con un potenziale peggioramento di una cefalea pregressa.  Inoltre l’emicrania ha una specifica associazione con la sindrome metabolica e l’obesità. A proposito si ritiene che l’obesità e l’emicrania siano collegate dai mediatori infiammatori rilasciati dal tessuto adiposo. A supporto di ciò i livelli di citochine infiammatorie sono più alti nei soggetti con obesità e sono normalizzati in seguito ad una sana perdita ponderale, al pari dei parametri immunitari e quelli relativi allo stress ossidativo. Ciò si accompagna ad una riduzione della frequenza e dell’intensità delle cefalee.

Quindi in base a quanto detto è necessario correggere l’eccesso di peso, i problemi metabolici e prendersi cura del benessere intestinale.

Cefalea a grappolo: quale alimentazione?

Cefalea a grappolo, quale alimentazione preferire? Essa è caratterizzata da un dolore intenso e localizzato per lo più nella zona oculare, accompagnato spesso da bruciore, lacrimazione, congestione nasale e palpebra cadente. L’attacco  dura tipicamente da un quarto d’ora a due ore e si ripresenta più volte al giorno persistendo per settimane o mesi, seguiti generalmente da un periodo di remissione fino all’inizio di un nuovo ciclo.

Benché la vera causa di questa malattia sia ancora avvolta nel mistero, il dolore è causato da una vasodilatazione eccessiva dei vasi cranici, che a loro volta provocano la compressione unilaterale del nervo trigeminale.

Si stima che in Italia colpisce quasi 3 persone su 1000 con un’età media di incidenza intorno ai 25 anni. La forma episodica rappresenta 80% dei casi, mentre qualora non avvengano periodi di remissione si parla di cefalea cronica, che può essere anche maggiormente resistente alle terapie farmacologiche.

Dieta chetogenica contro la cefalea: aiuta?

Alla pari di altre forme di questa malattia, le evidenze scientifiche attuali mostrano che la dieta può rappresentare un valido ausilio terapeutico anche nella cefalea a grappolo.

Un numero crescente di studi ha evidenziato i benefici derivanti da specifiche terapie su base nutrizionale, cioè in cui gli effetti sono prodotti dalla stessa alimentazione. In particolare gli interventi nutrizionali hanno dimostrato che l’adozione di un dieta chetogenica sotto supervisione clinica è in grado di migliorare la cefalea a grappolo riducendo la frequenza degli attacchi e senza effetti avversi degni di nota.

Sembra che i meccanismi alla base coinvolgano cambiamenti a livello metabolico, infiammatorio e nervoso, probabilmente attraverso la mediazione dei neurotrasmettitori cerebrali come nel caso della dopamina.

Si precisa, tuttavia, che, trattandosi di interventi in ambito clinico, è necessario rivolgersi ad uno specialista in modo tale da considerare i fattori legati all’alimentazione e quelli clinici, valutare eventuali controindicazioni e monitorare l’andamento della terapia nutrizionale.

In conclusione i risultati della ricerca sono altamente promettenti e rafforzano di anno in anno l’importanza dell’alimentazione come strategia terapeutica nelle cefalee.

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