La presenza di dolore cronico può mettere a dura prova chi ne soffre in termini di benessere soggettivo e di qualità di vita generale. Il provare dolore in modo persistente per qualsiasi causa (es. cefalea, mal di schiena, artrite, dolore oncologico) può incidere negativamente sullo stato d’animo, le emozioni normalmente provate, sulla capacità di portare avanti le relazioni affettive, quelle sociali e le attività della giornata (es. scuola, lavoro). Questi aspetti a loro volta possono mantenere o aggravare la percezione del dolore creando un vero e proprio circolo vizioso, che non è spesso affrontabile solamente con gli analgesici o antinfiammatori tradizionali. Scopri di più su questo argomento nei seguenti paragrafi.

Il ruolo dei fattori psicosociali

È opportuno rimarcare fin da subito che il dolore di tipo cronico è alquanto diverso da quello acuto e transitorio, in quanto mostra conseguenze differenti sullo stato biologico, emotivo, sui comportamenti adottati e su come e quanto l’esperienza soggettiva della malattia ruoti attorno alla sofferenza provata. In termini di classificazione il dolore per essere cronico deve determinare un significativo stress emotivo e/o la presenza di disabilità funzionali, cioè di ostacoli nello svolgimento delle azioni o delle attività desiderate.

I fattori psicologici svolgono un ruolo rilevante nella disabilità globale della persona a causa della presenza di condizioni fisiche dolorose persistenti. Per esempio è stato osservato che la tendenza ad evitare gli hobby o le attività giornaliere a causa del timore di provare dolore può aumentare significativamente il grado di disabilità. In merito esiste una stretta associazione tra dolore cronico, disagio emozionale ed interferenza nelle attività giornaliere.

Possono contribuire al dolore cronico aspetti di natura fisica, psicologica e sociale.

Per questi motivi l’approccio al dolore persistente da molti mesi non può limitarsi alla cura prettamente fisica del dolore o delle malattie associate, bensì deve racchiudere in sé una prospettiva cosiddetta biopsicosociale. Con questo termine si intende un approccio centrato non solamente sui processi biomedici in atto (es. infiammazione, risposte ormonali), ma anche su come la persona si relaziona al dolore stesso in termini di emozioni, pensieri, credenze e comportamenti e su come il dolore modifichi o meno il rapporto che l’individuo intrattiene con i propri hobby, ideali, progetti e con le relazioni sociali.

Un approccio più completo per affrontare la cronicità

È importante sottolineare che il dolore fisico persistente non influenza soltanto la persona che lo prova, ma si inserisce anche nelle dinamiche interpersonali ed interattive con gli altri. Per esempio diversi studi hanno messo in luce l’importanza benefica di una relazione affettiva di supporto e capace di dialogo, tra cui maggiori effetti analgesici sul dolore. Senza dimenticare che il dolore può mettere in difficoltà la persona su diversi fronti come per esempio la gestione delle pulizie di casa, la cura dei figli, la delega di alcune attività, conflitti casa-lavoro e l’eventuale dolore durante l’attività sessuale.

In aggiunta, sul posto di lavoro possono esserci fattori di rischio che promuovono la cronicità e la disabilità, oppure la persona può mostrare un atteggiamento conflittuale nel voler ritornare al lavoro, oltre al possibile disagio derivante dallo stigma sociale di essere considerati malati e deboli. Detto tutto ciò ne consegue che il dolore non appare più come un aspetto prettamente individuale, bensì è il prodotto di diverse circostanze e fattori psicosociali, non da ultimo le credenze culturali per esempio legate al mito dell’iper-efficienza sempre prestante ad ogni costo, pur nei momenti di maggior difficoltà o disagio.

Che cosa facciamo al Cembio per i dolori cronici

I nostri professionisti possono aiutare la persona a rapportarsi in modo diverso nei confronti del dolore provato ed a gestirlo in modo più adattivo e funzionale senza che interferisca significativamente con le attività del giorno o con il sonno. In particolare con il supporto specialistico è possibile incrementare i fattori protettivi e resilienti, mentre al contempo ridurre i fattori di rischio ed i comportamenti che possono addirittura aggravare e perpetuare il dolore stesso.

A proposito alcuni elementi utili da valutare insieme ad un professionista e da tenere in considerazione negli approcci terapeutici sono ad esempio:

  • Paura;
  • Consapevolezza del proprio corpo;
  • Ansia,
  • Flessibilità cognitiva;
  • Pensieri drammatizzanti;
  • Gestione rigida nel controllo del dolore;
  • Perseguimento degli obiettivi personali di valore.

Presso il Centro di Medicina Biologica accanto alle consulenze in merito alla psicologia del dolore affianchiamo metodiche valide ed efficaci come per esempio il Neurofeedabck ed il Biofeedback, che permettono alla persona di apprendere meglio quali risposte automatiche mette in atto quando prova dolore e di scegliere le strategie non farmacologiche migliori per ridurne l’impatto sul proprio benessere e sulla propria vita.

Se è di Tuo interesse saperne di più su questo percorso prendi contatto con i nostri recapiti per un primo appuntamento.

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