Sempre più evidenze mettono in luce i collegamenti tra i disturbi della tiroide e l’inquinamento ambientale come fonte di tossicità. La crescente diffusione dei disturbi tiroidei al giorno d’oggi potrebbe dipendere, almeno in parte, proprio da queste problematiche.

La tiroide è una ghiandola endocrina localizzata alla base del collo ed è composta da due piccoli lobi. Rilascia tre ormoni: la tiroxina (T4), la triiodotironina (T3) e la calcitonina. L’attività ormonale della tiroide è sotto il controllo dell’ipofisi che rilascia l’ormone TSH, il quale a sua volta dipende dall’azione dell’ipotalamo che secerne il TRH. Gli ormoni tiroidei T3 e T4 agiscono su molti processi fisiologici tra cui quello cardiovascolare, metabolico, neurologico ed immunitario.

La tiroide e l’inquinamento

I distruttori endocrini (EDC) sono definiti come molecole ambientali in grado di interferire con i processi ormonali legati alla loro sintesi, secrezione, trasporto, metabolismo, eliminazione e meccanismo di azione sulle cellule bersaglio. Gli effetti derivanti dall’accumulo di queste molecole varia da persona a persona sulla base di alcuni fattori come per esempio il tipo di sostanza, l’età del soggetto, la durata di esposizione e le capacità di detossificazione. Bisogna aggiungere, tuttavia, che spesso l’esposizione non riguarda un solo inquinanti, bensì una vera e propria miscela di sostanze i cui effetti combinati sono generalmente più influenti della loro semplice somma. Ciò vale anche per gli interferenti endocrini. La loro azione, infatti, può essere amplificati dalla presenza di altri EDC o tossine presenti nell’ambiente. Per di più gli studi mostrano che non esiste una relazione lineare tra la dose e la risposta, ciò vuol dire che persino basse dosi possono dare effetti rilevanti sull’organismo.

Gli ormoni sono fattori di primaria importanza per la regolazione delle funzioni fisiologiche, della riproduzione e dello sviluppo.

La tiroide è importante per lo sviluppo fisico, il funzionamento cognitivo e neuronale così come nel metabolismo. Ecco perché quando la tiroide non funziona bene si assiste a ripercussioni rilevanti per quanto riguarda lo sviluppo e lo stato di salute. La funzionalità tiroidea, infatti, è fondamentale per un buon funzionamento fisiologico a livello cardiovascolare, osteo-articolare, immunitario e cognitivo. In merito è ben noto che gli ormoni tiroidei svolgono un ruolo chiave nello sviluppo cerebrale e pertanto una loro alterazione ha effetti gravi sul sistema nervoso come per esempio è evidente nei casi di ipotiroidismo non trattato alla nascita.

Nonostante i meccanismi coinvolti siano ancora sotto studio, è sempre più chiaro che gli effetti negativi delle tossine sul sistema ormonale rappresentano un problema diffuso, ma altamente sottovalutato. Negli ultimi decenni le ricerche hanno approfondito gli effetti di molte classi di distruttori endocrini sui processi biologici mettendo in evidenza il potenziale impatto della contaminazione ambientale e degli alimenti sulla salute di tutto l’ecosistema, noi inclusi. Benché gli studi siano in continuo aggiornamento, è ormai ampiamente condiviso dalla comunità scientifica che gli interferenti endocrini agiscono al pari di distruttori tiroidei.

Gli inquinanti possono incidere negativamente sul funzionamento della ghiandola tiroidea.

Numerosi composti di sintesi industriale hanno proprietà distruttive sul sistema tiroideo, con cui interagiscono in modo molteplice come per esempio a livello dell’asse ipotalamo-ipofisi-tiroide. In generale si assiste ad un’alterazione dei meccanismi di sintesi, deposito, rilascio, trasporto e distribuzione degli ormoni tiroidei nelle cellule e negli organi. L’esposizione eccessiva, e quindi l’accumulo organico, di queste molecole nocive non può che incidere su tutti questi processi importanti per la regolazione dell’organismo. In aggiunta gli effetti sono particolarmente allarmanti in alcuni periodi critici, cioè intervalli temporali in cui si è maggiormente vulnerabili a questa tossicità. In particolar modo l’esposizione è particolarmente dannosa durante la gravidanza e l’allattamento, in cui dosi persino molto basse di esposizione hanno la potenzialità di modificare i programmi di sviluppo dei tessuti, soprattutto a livello neurologico. Senza tralasciare che alcuni EDC sono in grado di agire a livello neurofisiologico modificando i livelli dei neurotrasmettitori serotonina e dopamina e che l’esposizione precoce può avere effetti a lungo termine sulla funzionalità cognitiva.

Molti interferenti endocrini sono in grado di modificare i processi che riguardano l’asse ipotalamo-ipofisi-tiroide ed in generale l’equilibrio ormonale di questa ghiandola. Tra questi ci sono i bifenili policlurati (PCB), che sono composti chimici utilizzati nell’industria per le loro capacità dielettriche e refrigeranti prima degli anni ’70. Benché attualmente siano banditi per legge a causa dei loro effetti dannosi per l’ecosistema, rappresentano ancora contaminanti ubiquitari a causa della loro ingente immissione nell’ambiente in passato e della loro stabilità e persistenza chimica. In particolare la fonte di esposizione principale a queste sostanze è attraverso la catena alimentare. Gli studi hanno dimostrato che i PCB agiscono direttamente alterando il metabolismo ormonale tiroideo e sembrano correlati ad conseguenze sul piano cognitivo.

La tiroide è particolarmente vulnerabile agli interferenti endocrini.

I PBDE sono un gruppo di molecole prodotte come ritardanti di fiamma per prevenire la combustione dei prodotti industriali come i mobili, l’elettronica, vestiti e oggetti per l’infanzia. I livelli di PBDE misurati nell’organismo sono aumentati costantemente a partire dagli anni ’80. Anche in questo caso, nonostante alcuni di questi prodotti siano ormai vietati, la loro persistenza nell’ambiente rende conto della loro diffusione ambientale. Sono particolarmente assorbili ed accumulabili nei tessuti dopo l’esposizione ed hanno una struttura chimica abbastanza simile all’ormone tiroideo T4, il che potrebbe spiegare la loro azione inibitoria sul funzionamento tiroideo. Analogamente ai PCB le evidenze accumulate finora mostrano che i PBDE possono influenzare i livelli degli ormoni tiroidei nel sangue. C’è anche il perclorato, una sostanza usata nei propellenti per razzi, airbag, e fertilizzanti, che è in grado di ostacolare la captazione dell’iodio da parte delle cellule tiroidee e può essere un contaminante del cibo, dell’acqua e del latte.

Una delle esposizioni più diffuse è quella al bisfenolo A ed agli ftalati, che sono composti largamente utilizzati in quanto intervengono nella fabbricazione dei giocattoli, dei cosmetici, del confezionamento alimentare e degli elettrodomestici. Il bisfenolo A mostra un’attività simile a quella degli estrogeni ed è utilizzato nella produzione delle plastiche e resine epossiche. A differenza delle altre molecole citate, non è un inquinante persistente, ma la sua diffusione ne rende l’esposizione ubiquitaria e cronica. In merito gli studi hanno dimostrato che il BPA è in grado di legare il recettore tiroideo, competere con gli altri ormoni e può alterare le concentrazioni di tiroxina.

In aggiunta negli ultimi anni la ricerca sta approfondendo la relazione tra le disfunzioni tiroidee e l’accumulo organico di pesticidi, insetticidi, fungicidi e fumiganti. Per esempio i pesticidi organoclorati hanno una struttura simile agli ormoni tiroidei T3 e T4 e perciò potrebbero imitare l’attività degli ormoni tiroidei attraverso il legame con i recettori presenti sulle cellule della tiroide.  Ciò potrebbe avere possibili implicazioni nello sviluppo dei processi autoimmuni (es. tiroidite di Hashimoto). Altre sostanze con cui bisogna fare i conti sono i PFAS, i quali sono utilizzati come rivestimenti di superficie in alcuni prodotti industriali (es. settore tessile e cosmetico).

Gli effetti coinvolgono anche l’espressione del DNA.

L’azione degli interferenti endocrini avviene anche in modo indiretto attraverso gli effetti sul DNA. Queste molecole, infatti, sono capaci di agire a livello epigenetico, cioè modificano l’espressione genetica del DNA senza alterarne la sequenza. Questi nuovi aspetti lasciano aperte le domande su possibili effetti a livello inter-generazionale, in cui l’esposizione chimica di un genitore può trasmettere cambiamenti nell’espressione genetica ai propri figli.

In conclusione l’esposizione e l’accumulo organico degli interferenti endocrini determina effetti negativi sull’equilibrio ormonale, tra cui quello relativo alla tiroide (e non solo). Per questi motivi il Centro di Medicina Biologica effettua la valutazione del grado di tossicità ed offre percorsi relativi alla detossificazione dell’organismo.

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