L’esposizione a sostanze nocive può incidere negativamente sulla salute del fegato. In questo articolo approfondiamo i collegamenti emergenti tra una classe di inquinanti, detti interferenti endocrini, ed i disturbi a carico del fegato, in special modo una delle problematiche più diffuse: la steatosi epatica.

La steatosi epatica o fegato grasso

La steatosi epatica non alcolica, o più comunemente fegato grasso, è un disturbo caratterizzato dall’accumulo di grasso a livello del fegato, che può peggiorare ed aggravare la funzionalità di quest’organo essenziale. Qualora avvenga un’infiltrazione delle cellule immunitarie ed infiammazione si parla di steatoepatite, che può portare alla cirrosi. Di fatto la steatosi epatica può evolvere in fibrosi e danno epatico fino eventualmente a trasformazioni di natura tumorale. Si sa, infatti, che il carcinoma epatico ha come fattori di rischio principali la steatosi epatica e la sindrome metabolica.

La steatosi epatica rappresenta una malattia complessa, che coinvolge l’interazione tra più organi, e non solamente il fegato. È riscontrabile frequentemente nei paesi occidentali, in cui le variabili ambientali e lo stile di vita esercitano un impatto notevole su questo disturbo. Si stima che fino al 30% della popolazione ne sia coinvolta in modo consapevole o meno.  I fattori di rischio più conosciuti sono:

  • Alti livelli di transaminasi;
  • Obesità;
  • Resistenza insulinica;
  • Diabete;
  • Alterazione dei grassi (es. colesterolo LDL, omega-6/3).

Un nuovo fattore di rischio per la steatosi epatica è l’esposizione alle tossine chimiche.

Il fegato rappresenta un organo fondamentale per difendere l’organismo da un eccesso di tossicità, in quanto è agisce come un vero e proprio filtro per le sostanze potenzialmente pericolose. In merito svolge numerose reazioni biochimiche alla base dei processi di detossificazione delle tossine, le quali devono essere prima trasformate e poi eliminate tramite gli organi emuntori (es. reni, intestino, pelle).

Tra le classi di sostanze più nocive per quest’organo ci sono i cosiddetti interferenti endocrini (EDC), alcuni dei quali sono noti per i loro effetti deleteri sul metabolismo promuovendo per esempio lo sviluppo della sindrome metabolica.  Gli EDC sono in grado di modificare l’equilibrio degli ormoni agendo attraverso molteplici meccanismi tra cui il legame ai recettori ormonali sulle cellule e l’azione sul DNA con ripercussioni sull’espressione genetica. È stato osservato che l’esposizione può avvenire anche molto precocemente, persino durante la gravidanza o l’allattamento. Di fatto gli interferenti endocrini possono essere veicolati attraverso la placenta, il latte materno ed è possibile rintracciarli negli organi del feto.

Fegato e interferenti endocrini

Molti studi mostrano un collegamento tra l’esposizione agli interferenti e le malattie del fegato. Tra quelli più studiati c’è il bisfenolo A (BPA), che è una molecola ampiamente utilizzata nella produzione delle plastiche e delle resine epossiche, nel confezionamento alimentare e nei giocattoli. La sua esposizione può essere considerata ubiquitaria, cronica e si stima che più del 90% della popolazione occidentale abbia livelli rintracciabili di BPA nelle urine. Possiede una debole azione simile agli ormoni estrogeni e gli studi mostrano un collegamento con il danno e la steatosi epatica. In aggiunta alcune evidenze suggeriscono una possibile interazione sfavorevole tra l’accumulo di bisfenolo A ed un’alimentazione scorretta.

Altre sostanze con cui bisogna fare i conti sono gli ftalati, un gruppo di molecole di sintesi che sono utilizzate per garantire flessibilità alle plastiche e come agenti solubilizzanti e stabilizzanti. Attualmente il numero dei prodotti contenenti ftalati è particolarmente lungo: plastiche, detergenti, olii lubrificanti, dispositivi medici e prodotti per la cura personale. Il fatto che gli flatati non siano legati strettamente al prodotto e che si disperdano facilmente nell’ambiente fa sì che la loro esposizione è particolarmente diffusa. Anche in questi casi un accumulo esercita un effetto tossico sulla funzionalità metabolica del fegato.

La steatosi e l’infiammazione epatica sono indotti anche dall’esposizione agli idrocarburi policiclici aromatici, che sono rilasciati nell’ambiente sia da fonti naturali (es. vulcani, giacimenti petrolio) che antropiche come la combustione incompleta del carbone, olii, gas, legna, tabacco e rifiuti. Queste sostanze possono legarsi alle particelle nell’aria, che rappresenta la via preferenziale di esposizione. Inoltre i cibi arrostiti o grigliati ad alte temperature sono una fonte notevole di idrocarburi policiclici aromatici. Altre molecole dannose per il fegato sono i perfluorati PFC, che sono eliminati molto lentamente dall’organismo, e la tributiltina (TBT), utilizzato ampiamente in passato come antivegetativo per le barche e tuttora un contaminante dei prodotti ittici.

Gli interferenti endocrini causano cambiamenti fisiologici, cellulari, molecolari ed epigenetici in molti tessuti.

Benché gli studi richiedano ulteriori approfondimenti nell’uomo, dal punto di vista sperimentale è ormai chiaro che l’esposizione agli interferenti endocrini, soprattutto in età precoce, incrementa la suscettibilità di sviluppare la steatosi epatica ed altre malattie del fegato nel corso della vita. I meccanismi alla base di questi effetti sono in via di ricerca e si ipotizza che dipendano, almeno in parte, dall’azione degli EDC sui recettori delle cellule. In aggiunta è stato osservato che alterano la struttura e la funzionalità dei mitocondri, che sono organelli cellulari alla base della produzione di energia e di altri processi vitali. Senza tralasciare le conseguenze dimostrate a livello dell’espressione genetica del DNA. Infine alcune evidenze mostrano che l’esposizione agli interferenti endocrini è associata ad alterazioni della funzionalità del fegato sia nei bambini che negli adulti, oltre a possibili conseguenze sul rischio cardiovascolare e metabolico.

Per le sue caratteristiche il fegato è particolarmente esposto al danno tossico.

L’azione degli interferenti sul metabolismo può agire direttamente promuovendo il danno epatico oppure attraverso modalità indirette. A titolo di esempio è stato dimostrato che gli EDC promuovono l’accumulo adiposo ed hanno effetti a livello del metabolismo. Ciò può avere ripercussioni importanti sul fegato peggiorandone lo stato di salute e la funzionalità. Tutti gli aspetti legati alla tossicità degli interferenti endocrini sono complicati dal fatto che queste sostanze non mostrano una correlazione lineare tra la dose e gli effetti, cioè persino una quantità minima può avere conseguenze sulle cellule. L’esposizione sembra particolarmente grave durante la gravidanza e l’infanzia esercitando effetti sulla salute anche dopo molti anni. In aggiunta al giorno d’oggi l’esposizione non è generalmente singola, bensì in forma di miscele, i cui esiti sono per lo più sconosciuti.

Sintesi finale

In conclusione l’accumulo organico di molecole nocive e tossiche, tra cui gli interferenti endocrini, rappresenta una problematica di anno in anno sempre più emergente e diffusa. L’impatto di queste sostanze sulla salute è molteplice e complesso determinando conseguenze negative a livello delle cellule e degli organi, tra cui il fegato (ma non solo). Considerando prioritario prendersi carico di questi aspetti il Centro di Medicina Biologica mette a disposizione test specifici per la valutazione del grado di tossicità e percorsi terapeutici per la detossificazione dell’organismo. Questi ultimi devono essere personalizzati sulla base delle condizioni di salute della persona e degli esami diagnostici di riferimento.

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