I polimorfismi del DNA nel corso degli ultimi decenni sono al centro di un grande interesse da parte della ricerca e della medicina, che ne sta approfondendo l’utilità in chiave clinica e preventiva. Scopriamo il perché iniziando con una doverosa introduzione sulla genetica.

Il genoma è l’insieme delle molecole di DNA di una cellula ed è una struttura altamente complessa a tal punto da poter racchiudere i suoi 2 m di lunghezza nello spazio microscopico del nucleo cellulare. Il materiale genetico è simile ad una lunga sequenza di 4 “lettere chimiche”, dette nucleotidi, che si dispongono in successione lungo la molecola del DNA. Dietro l’apparente casualità di quest’ordine in verità si nasconde un vero e proprio linguaggio in codice, che la cellula è in grado di decodificare al fine di rimanere in vita. In poche parole il DNA è simile ad un libretto delle istruzioni contenente tutte le informazioni necessarie per dare avvio, mantenere e riprodurre i processi biologici. Più specificatamente il DNA è una sequenza di 3,2 miliardi di nucleotidi ed è oggetto dell’attività di numerosi fattori cellulari che regolano l’espressione genetica in risposta agli stimoli interni ed esterni alla cellula. I fattori di natura genetica sono i principali determinanti dei tratti e dell’organizzazione dell’organismo, oltre ad essere la base essenziale per l’ereditarietà. In particolare le unità base dell’ereditarietà sono chiamate geni, i quali codificano nella propria sequenza per proteine o altre molecole direttamente coinvolte nel funzionamento delle cellule.

Genetica dei polimorfismi

La ricerca genetica è sempre stata interessata a studiare le differenze esistenti tra i DNA degli individui aprendo le porte alla scoperta delle varianti genetiche che contribuiscono ad aumentare la vulnerabilità nei confronti di alcune malattie oppure a modificare l’efficacia o la risposta alle terapie. Inoltre ciò è permesso dall’avanzamento tecnologico che consente di analizzare grandi quantità di materiale genetico in sempre minore tempo.

Pur appartenendo alla stessa specie, due organismi distinti differiscono lievemente nella sequenza del DNA e questa differenza è alla base della diversità genetica della specie. Dal punto vista biologico-evolutivo sappiamo che la diversità genetica contribuisce alle capacità delle specie di rispondere ai cambiamenti ambientali e ha in sé implicazioni nel campo della salute. Inoltre la diversità genetica riflette il bilanciamento tra la comparsa e la scomparsa di varianti genetiche (dette alleli). Nuove varianti, infatti, compaiono ad ogni generazione attraverso mutazioni spontanee o indotte dai danni al DNA.

Ciò che siamo è il frutto degli effetti complessi ed interattivi tra la genetica ed i fattori ambientali.

Anche le persone sono geneticamente diverse. Benché i loro genomi differiscano meno dell’1%, questa piccola differenza è alla base della naturale variabilità che osserviamo nelle popolazioni. Gli studi nel campo della genetica hanno portato alla scoperta più di 37 milioni di varianti, che confermano ancora una volta che, ad eccezione dei gemelli monozigoti, nessun essere umano ha un DNA uguale ad un altro. Più precisamente ogni genoma contiene circa 4 milioni di varianti diverse, diffuse in circa la metà dei geni del genoma e spesso uniche. La maggior parte di queste variazioni nel genoma sono chiamati polimorfismi genetici, di cui se ne contano approssimativamente 3,5 milioni in ogni persona. I polimorfismi più comuni sono quelli a singolo nucleotide (SNPs), cioè dove cambia solo un nucleotide in una determinata posizione del DNA.  In merito si stima che migliaia di questi SNPs possano potenzialmente avere effetti importanti a livello biologico e fisiologico.

Sappiamo che le varianti genetiche possono influenzare l’espressione del DNA, la struttura e la funzionalità delle proteine attraverso complesse ripercussioni sui network cellulari, che a loro volta possono sfociare in alterazioni molecolari e fisiologiche. Gli SNPs possono determinare differenze nel funzionamento dei processi biologici tra chi ne è portatore e chi invece no. Ciò avviene perché i polimorfismi modificano la le istruzioni base per la sintesi delle proteine enzimatiche o per altre attività cellulari. Possiamo paragonare questi concetti a quando si cambiano le istruzioni di una ricetta dando infine origine ad una diversa pietanza. Nel campo della medicina è emerso che le varianti genetiche interagiscono tra di loro e con lo stile di vita nell’influenzare significativamente la condizione di salute o di malattia. Al pari delle condizioni ambientali e dello stile di vita avere una variante genetica sfavorevole espone ad un maggior rischio di sviluppare o mantenere un determinato disturbo o malattia. Da qui nasce la crescente importanza di tenere in considerazione il “profilo genetico” individuale.

I polimorfismi influenzano i processi ed i meccanismi biologici.

La presenza di determinati polimorfismi può incidere più o meno negativamente sull’attività degli enzimi determinando una loro inattività oppure un minore funzionamento. Tutto ciò riveste una crescente importanza nel settore della medicina e della salute, in quanto le evidenze mostrano che gli individui portatori di varianti genetiche differenti si differenziano per l’efficienza dei meccanismi biologici sottesi all’organismo come per esempio a livello metabolico, energetico, nutrizionale, infiammatorio, detossificante e molto altro. Ecco perché si parla di fattori di rischio genetico, oppure più precisamente come fattori di vulnerabilità o di suscettibilità nei confronti di un certo deficit biologico. Da qui, se le condizioni ambientali e lo stile di vita lo incoraggiano, possono nascere le basi per lo sviluppo di un disturbo o di una malattia vera e propria. Detto ciò, è opportuno sottolineare che, pur in presenza di fattori di vulnerabilità genetici, è possibili farvi fronte insieme ad uno specialista personalizzando le terapie (nutrizionali e non solo) al fine di gestire al meglio gli effetti sfavorevoli di cui si è portatori.

Mutazioni e polimorfismi genetici

Per definizione una mutazione è l’alterazione della sequenza nucleotidica del genoma. Può originare in seguito ad errori nella replicazione o la riparazione del DNA così come in seguito all’esposizione ad agenti nocivi (es. cancerogeni). Le mutazioni possono alterare la sequenza del DNA in molti modi ed i loro effetti dipendono da quale gene coinvolgono e dalle conseguenze sulla funzionalità delle proteine codifiche. Per esempio i cambiamenti nel DNA possono causare errori nella sequenza proteica portando alla sintesi di proteine parzialmente o completamente non funzionanti. Da ciò ne risulta che, se una data proteina svolge normalmente un ruolo importante nelle cellule, possono crearsi le condizioni per un’alterazione del buon funzionamento cellulare ed organico con possibili ripercussioni sulla salute.

Il DNA è la base di partenza per individualizzare le terapie.

Qual è la differenza tra le mutazioni ed i polimorfismi genetici? Nonostante non esista una netta distinzione tra questi due concetti, si tende a considerare polimorfismi quelle variazioni più comuni rispetto alle mutazioni, cioè con una diffusione di almeno 1% nella popolazione. Come abbiamo detto l’insieme dei polimorfismi contengono le differenze inter-individuali nella sequenza del DNA, che rendono ciascun genoma umano unico tra gli altri.  In aggiunta spesso il termine mutazione indica una variazione genetica di particolare “forza” oppure collegata a gravi malattie genetiche, mentre i polimorfismi sono cambiamenti più diffusi e “sottili”, ma non per questo meno importanti dal punto di vista delle principali malattie croniche diffuse al giorno d’oggi. I polimorfismi genetici, infatti, possono verificarsi in qualsiasi regione del genoma ed alcuni possono essere silenti, in quanto non alterano la funzione di un gene, oppure portare ad alterazioni delle attività enzimatiche con ripercussioni sul funzionamento dell’organismo.  Sempre più evidenze mostrano un loro coinvolgimento in un ampio spettro di malattie come per esempio quelle metaboliche, cardiovascolari, autoimmuni ed oncologiche.

In conclusione il Centro di Medicina Biologica integra all’interno dei propri percorsi terapeutici analisi genetiche specifiche al fine di valutare il contribuito genetico individuale ed ottimizzare al meglio le terapie.

Bibliografia essenziale:

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  • Fridley BL, Biernacka JM. Gene set analysis of SNP data: benefits, challenges, and future directions. Eur J Hum Genet. 2011 Aug;19(8):837-43;
  • Suh Y, Vijg J. SNP discovery in associating genetic variation with human disease phenotypes. Mutat Res. 2005 Jun 3;573(1-2):41-53;
  • Boyle EA, Li YI, Pritchard JK. An Expanded View of Complex Traits: From Polygenic to Omnigenic. 2017 Jun 15;169(7):1177-1186.
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