Il dolore cronico ha alle spalle una molteplicità di fattori, che possono tramutare una normale risposta dell’organismo in un vero e proprio disturbo invalidante. Oltre a quelli clinici, dati dalle malattie ed operazioni, ed ambientali (es. comportamenti, stile di vita) vi sono anche aspetti di natura genetica, che influenzano il grado di suscettibilità o di protezione nei confronti delle problematiche caratterizzate da dolore persistente. Scopri di più su questo tema nel seguente articolo del Cembio.

Definizione di dolore

Il dolore è definito dall’International Association for the Study of Pain come una sensazione spiacevole accompagnata da un’esperienza emotiva ed associata ad un danno tissutale reale o potenziale, oppure descritto in termini di danno. Normalmente il dolore rappresenta un segnale utile di un pericolo, malattia o danneggiamento imminente del corpo (es. stimoli meccanici, termici, chimici) ed in vista di una sua gestione. Per fare ciò il corpo dispone di complessi meccanismi che fanno capo al sistema nervoso.

Caratteristiche del dolore cronico

Il dolore diventa cronico quanto persiste per almeno tre mesi consecutivi causando difficoltà significative nella vita quotidiana ed un impatto sul benessere totale della persona. Cioè si tratta di un dolore che persiste pur a fronte di un tempo normale di guarigione dei tessuti e può verificarsi anche nel caso in cui non si riscontrino effettivi danni strutturali nella sede interessata. Si stima che le forme di dolore cronico (es. mal di testa, schiena, collo) riguardino il 13-50% della popolazione adulta, soprattutto nelle donne e tendenzialmente nelle persone più avanti con l’età, sebbene circa il 20% degli adolescenti ed il 30% tra i 18-39 anni soffrano di questa problematica.

Uno stato di dolore persistente incide profondamente e negativamente sulla qualità di vita.

Il più importante fattore di rischio per lo sviluppo di dolore cronico è la presenza di un’altra zona nel corpo che è fonte di dolore, anche se in modo acuto. Tanto più sono numerose o estese queste zone tanto più il dolore rischia perciò di diventare cronicizzato a causa di cambiamenti nell’elaborazione del dolore a carico del sistema nervoso. Di fatto uno dei migliori modi per impedire che il dolore si cronicizzi è di gestire in modo preventivo e precoce il dolore acuto prima che peggiori. In aggiunta, altri fattori di rischio sono i seguenti:

DNA e suscettibilità al dolore

Benché come abbiamo detto la funzione svolta dal dolore sia universale, la sua percezione di fatto varia notevolmente da persona a persona sulla base della sua gravità, dello stato psicologico, dei fattori ambientali-comportamenti e persino genetici. Ne consegue che la sensibilità al dolore e la suscettibilità a convertirsi in forma cronica così come le risposte alle terapie non sono uguali per tutti.

Gli studi più recenti hanno messo in luce che l’intensità e la spiacevolezza del dolore persistente in seguito a traumi, danni tissutali o infiammazioni vengono influenzate da variazioni genetiche, cioè da cambiamenti nella sequenza del DNA, che, lo ricordiamo brevemente, contiene le informazioni per lo sviluppo, l’organizzazione e la riproduzione della vita dell’organismo.

La genetica influenza l’esperienza del dolore in modo complesso e toccandone i processi emotivi, biologici e comportamentali. La sensibilità agli stimoli dolorosi e la tolleranza al dolore sono in parte influenzate proprio dalla genetica. Benché non esista un vero e proprio ‘gene del dolore’, gli studi recenti sottolineano l’influenza di una combinazione di più geni nell’aumento della vulnerabilità al dolore persistente.

I fattori genetici interagiscono con quelli ambientali e clinici nell’influenzare il dolore cronico.

Accanto a mutazioni genetiche molto rare esistono variazioni genetiche dette polimorfismi a singolo nucleotide, che sono riscontrabili in almeno 1% delle persone, ed i quali sono in grado di modulare gli effetti del dolore cronico. A titolo di esempio sono state scoperte variazioni genetiche che riguardano i geni coinvolti nei processi infiammatori, nel funzionamento dei neurotrasmettitori e dell’eccitabilità neuronale, nei processi in cui sono coinvolti gli oppioidi endogeni, lo stress ossidativo e gli ormoni catecolamine. Inoltre, essere portatori di una determinata sequenza sul DNA può influenzare anche le risposte e le reazioni al disagio emotivo ed allo stress psicofisico che sappiamo essere collegato con il dolore.

In generale i polimorfismi genetici modulano quanto le cellule nervose, responsabili della trasmissione del dolore al cervello, siano eccitabili, oppure influenzano la vulnerabilità al dolore neuropatico in seguito a traumi o operazioni chirurgiche. In merito a quest’ultimo punto, il dolore post-operatorio rappresenta una complicazione rilevante di molte operazioni chirurgiche e si stima che riguardi circa tre persone su cinque che hanno subito interventi. In particolare coloro che già lamentavano forme di dolore tendono ad aggravarlo nel periodo post-operatorio. Ciò può provocare notevoli effetti sulla qualità di vita come per esempio nel caso del tumore al seno.

Cembio: analisi e cure

L’impatto del dolore cronico merita di essere affrontato andando alle cause della problematica e ritagliando perciò un trattamento che sia personalizzato sulla persona. Al fine di prevenire recrudescenze è senza dubbio importante che la persona riduca i fattori di rischio (es. fumo, sonno, stile di vita), ma è altresì fondamentale supportare l’organismo e la Persona nel suo percorso di cura tramite le terapie o i trattamenti più adatti. In tale frangente la genetica riveste un ruolo rilevante, utile e significativo.

La genetica rappresenta uno strumento utile nella personalizzazione del percorso di cura.

Presso il Centro di Medicina Biologica effettuiamo infatti analisi genetiche che non solo permettono di valutare la suscettibilità (o protezione) genetica a sviluppare il dolore cronico, ma consentono anche di scegliere le cure più efficaci e mirate per la singola persona. Ne consegue che le informazioni genetiche possono essere utilizzate dallo specialista per formulare trattamenti personalizzati e per dare consigli sui comportamenti più specifici da adottare nella vita quotidiana. Tutto ciò ci dà quindi l’opportunità di valutare in maggior dettaglio i fattori di rischio, i fabbisogni, le priorità e le migliori scelte terapeutiche, a loro volta da gestire all’interno di un percorso specialistico di cura tramite le terapie ed i trattamenti che effettuiamo presso il nostro Centro per il dolore persistente.

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Riferimento bibliografici principali:

  • Fregoso G, Wang A, Tseng K, Wang J. Transition from Acute to Chronic Pain: Evaluating Risk for Chronic Postsurgical Pain. Pain Physician. 2019 Sep;22(5):479-488;
  • Mills SEE, Nicolson KP, Smith BH. Chronic pain: a review of its epidemiology and associated factors in population-based studies. Br J Anaesth. 2019 Aug;123(2):e273-e283;
  • Knezevic NN, Tverdohleb T, Knezevic I, Candido KD. The Role of Genetic Polymorphisms in Chronic Pain Patients. Int J Mol Sci. 2018 Jun 8;19(6):1707;
  • Naureen Z, Lorusso L, Manganotti P, Caruso P, Mazzon G, Cecchin S, Marceddu G, Bertelli M. Genetics of pain: From rare Mendelian disorders to genetic predisposition to pain. Acta Biomed. 2020 Nov 9;91(13-S):e2020010.
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