dieta tumore fegatoUna dieta per il tumore al fegato può aiutare a prevenire questo disturbo? Quale alimentazione per il tumore al fegato? Il cancro che colpisce questo organo è il quinto tumore più frequente al mondo ed uno dei più aggressivi. In particolare il carcinoma epatocellulare costituisce il 70-85% di tutti i casi di tumore epatico e con un trend in crescita in molti stati. Generalmente si sviluppa in seguito a disturbi cronici del fegato come per esempio avviene nelle epatiti croniche B e C. Inoltre si sa che l’alcool in eccesso rappresenta uno dei fattori di rischio più importanti nella cirrosi epatica e nell’epatocarcinoma.

Accanto a questi fattori studi recenti puntano l’attenzione sulla condizione clinica della steatosi epatica di origine non alcolica, dove avviene un accumulo di grasso nel tessuto epatico. La steatosi epatica può ulteriormente evolvere in senso infiammatorio e fibrotico fino a poter sfociare nella cirrosi epatica. L’accumulo di grasso nel fegato è alquanto comune nella popolazione ed è fortemente associata alla sindrome metabolica, soprattutto in caso di sovrappeso o obesità. Benché la cirrosi rappresenti un indiscusso fattore di rischio per il tumore al fegato, in verità l’epatocarcinoma si può sviluppare anche in presenza di steatosi epatica priva di cirrosi. In merito ricerche recenti riconsiderano la steatosi epatica di origine non alcolica come causa di tumore al fegato nel 13-38% dei casi ed in alcune regioni europee costituisce il fattore più rilevante.

La dieta per il tumore al fegato è importante, in quanto un corretto stile di vita anche dal punto di vista alimentare svolge un ruolo rilevante nei tumori e numerose ricerche internazionali ne rimarcano l’importanza nelle strategie preventive e terapeutiche in oncologia. I ricercatori hanno scoperto che i cibi giusti, o meglio, la loro corretta ed equilibrata combinazione nutrizionale può esercitare effetti anticancerogeni tra cui l’inibizione della crescita delle cellule tumorali e delle metastasi, protezione dai cancerogeni, modulazione del sistema immunitario e miglioramento degli effetti della chemioterapia. Inoltre gli alimenti contengono, accanto ai nutrienti classici, anche molecole bioattive ed in grado potenzialmente di interagire con le cellule tumorali.

Alimentazione per il tumore al fegato: qual è quella corretta?

Alimentazione per il tumore al fegatoQual è la corretta alimentazione per il tumore al fegato? L’alcool è un fattore di rischio cardine nello sviluppo dell’epatocarcinoma e ciò avviene attraverso gli effetti pro-infiammatori indotti dall’etanolo, che favorisce la progressione verso la fibrosi o cirrosi del fegato. Benché l’alcool sia di per sé poco cancerogeno, esso è metabolizzato in forma di acetaldeide, la quale è in grado di danneggiare il DNA.  Inoltre l’alcool è collegato al tumore al fegato in modo dipendente dalla dose giornaliera e mostra sinergie con altri fattori di rischio come per esempio i virus ed il diabete. Un altro aspetto collegato all’alimentazione e tumore al fegato è dato dall’aflatossina B1, un prodotto dei funghi appartenenti al genere Aspergillus, che contaminano facilmente i cereali, le noci e le verdure conservate al caldo. Questa tossina produce mutazioni al DNA.  In aggiunta l’accumulo di ferro nel fegato può contribuire allo sviluppo del tumore al fegato. Può avvenire per cause ereditarie come nell’emocromatosi, oppure in seguito al sovraccarico d ferro per cause nutrizionali o infiammatorie, specialmente in caso di eccesso d’alcool.

L’alimentazione deve essere personalizzata da uno specialista sulla base delle analisi, dell’esame istologico, delle terapie pregresse o in atto e delle condizioni generali di salute, perché non esiste una dieta valida per tutti.

Secondo le linee guida generali (e non individuali) mangiare in modo sano ha la potenzialità di ridurre l’incidenza dell’epatocarcinoma come per esempio dimostrato da coloro che hanno stile alimentare ben aderente alla dieta mediterranea, che è collegata ad un rischio oncologico più basso. Gli studi hanno osservato una riduzione del rischio di sviluppare l’epatocarcinoma quando l’alimentazione è prevalentemente su base vegetale, ma senza andare in carenza di tutti i fabbisogni nutrizionali. In particolare il rischio diminuisce del 8% per ogni etto di frutta e verdura consumato al giorno. Inoltre il consumo di fibre vegetali è protettivo nei confronti del tumore al fegato, così come un buon consumo di pesce e di carne magra. Per quanto riguarda i grassi, invece, è stato osservato che il rischio di epatocarcinoma diminuisce con il consumo di alcuni grassi benefici, in special modo quelli monoinsaturi. D’altra parte i grassi saturi in eccesso sembrano avere ripercussioni sfavorevoli sulla salute del fegato. Infine il caffè è benefico.

Gli studi epidemiologici mostrano un’associazione inversa tra i livelli di vitamina D e l’incidenza di molti tumori. Ciò trova un riscontro anche a livello del ruolo biochimico di questa vitamina-ormone, che mostra un ruolo nello sviluppo e nella progressione del cancro. In merito si assiste ad un rischio minore di epatocarcinoma quando la vitamina D è sufficiente nell’organismo.

Molti nutrienti sono stati collegati al rischio o alla protezione dell’epatocarcinoma.

Parlando di alimentazione e tumore al fegato, quindi, diciamo che l’obesità contribuisce in modo consistente all’incidenza globale di questo tipo di cancro e ciò avviene tramite fattori sia diretti che indiretti. Per definizione si parla di obesità quando l’indice di massa corporea tra il peso e l’altezza al quadrato è superiore a 30 kg/m2 (IMC o BMI). Ebbene, sappiamo che l’obesità e la sindrome metabolica rappresentano fattori predittivi del rischio oncologico negli anni successivi. È importante considerare anche l’aumento di peso nell’età adulta, in quanto si assiste per ogni aumento di 5 punti IMC ad un incremento del rischio pari al 24%. Ad ogni modo tenere in considerare dove è distribuito il grasso rappresenta un’indicazione ben più affidabile del semplice peso ed altezza.

È stato osservato, infatti, che il rapporto vita/fianchi rappresenta un indicatore più accurato rispetto al IMC o BMI nella predizione del rischio. Ecco perché bisogna stare attenti all’adiposità a livello addominale. In aggiunta essere in sovrappeso o in obesità costituisce un fattore di rischio aggiuntivo per l’epatocarcinoma in presenza di malattie epatiche legate a stati infettivi o abuso d’alcool aggravandone ne conseguenze negative. Senza tralasciare che spesso chi è in condizioni di obesità ha anche il fegato steatosico. Infine il diabete interagisce in modo sinergico con l’obesità nel moltiplicare il rischio di tumore al fegato nei portatori positivi di epatite B o C. Si precisa che il contributo del diabete sul rischio sembra indipendente dal peso e di per sé aumenta la probabilità di sviluppare l’epatocarcinoma di due o tre volte.

La perdita di peso rappresenta un aspetto importante in chi soffre di steatosi epatica.

La steatosi epatica non alcolica può essere considerata la manifestazione epatica della sindrome metabolica ed una delle cause principali delle malattie epatiche in Occidente. È definita dalla presenza di accumuli di grasso nelle cellule epatiche in assenza di altre cause (es. alcol) o di ereditarietà genetica. La maggior parte delle persone non mostra sintomi evidenti, ma nel 20% dei casi può progredire a steatoepatite, che è un’infiammazione cronica del fegato caratterizzata da steatosi, infiammazione e danno agli epatociti.

Come già accennato le ricerche recenti stanno portando ad una rivalutazione del ruolo della steatosi epatica non alcolica nello sviluppo del tumore al fegato, soprattutto quando all’accumulo adiposo si aggiunge la componente infiammatoria. Infatti è chiaro che la steato-epatite è un fattore di rischio per la cirrosi ed il carcinoma epatico. Accanto ai tradizionali fattori di rischio (es. virus) il ruolo della steatosi epatica diventa sempre più evidente e si stima che molte più persone con la steatosi siano a rischio di sviluppare l’epatocarcinoma rispetto a quanto pensato prima. E non sembra un caso che l’aumento dell’incidenza dell’epatocarcinoma avvenga proprio nei contesti, in cui i tassi di sovrappeso continuano a salire.

Il tumore al fegato è una patologia grave, che necessita di essere supervisionata da uno specialista.

Dieta per il tumore al fegato: cos’altro sapere? In caso di cirrosi epatica si sa che nello sviluppo dell’epatocarcinoma avvengono cicli di morte cellulare e di rigenerazione compensatoria, che sono accompagnati da una costante crescita e proliferazione cellulare. D’altra parte, in assenza di una condizione di cirrosi, altri meccanismi importanti possono prendere il sopravvento. Tra questi un fattore molto comune è la resistenza insulinica, che è caratterizzata dalla più o meno grave deficit dell’insulina di svolgere appieno il proprio lavoro. La resistenza insulinica è caratterizzata da un’infiammazione cronica e silente, in particolar modo in condizione di obesità, e promuove la steatosi epatica non alcolica, oltre a poter agire anche come un fattore causale nell’epatocarcinoma. Tutto ciò favorisce il richiamo delle cellule immunitarie ed il rilascio significativo di molecole pro-infiammatorie come per esempio il TNF-alfa e IL-6, che sembrano particolarmente coinvolti nella progressione dalla steatoepatite all’epatocarcinoma.

In aggiunta la resistenza insulinica e la steatosi epatica favoriscono la cancerogenesi promuovendo l’infiammazione del tessuto adiposo, squilibri ormonali, stress ossidativo ed alti livelli di insulina e IGF-1. I dosaggi ormonali in caso di obesità mostrano alti livelli di leptina ed una carenza di adiponectina, che sono due ormoni coinvolti nella progressione dalla steatosi alla cancerogenesi. In maggior dettaglio la leptina contribuisce all’instaurazione della resistenza insulinica, della steatosi e fibrosi epatica, oltre a svolgere un ruolo rilevante nella regolazione degli zuccheri, nella creazione di nuovi vasi sanguigni e nel sistema immunitario. Viceversa l’adiponectina, a livelli così bassi, non riesce a tenere a freno i processi infiammatori e quelli dipendenti dalla leptina.

L’alimentazione agisce in profondità a livello dei meccanismi molecolari delle cellule.

La malnutrizione riveste un’importanza notevole nelle malattie oncologiche e si stima che un paziente su tre sia malnutrito. Ciò avviene frequentemente nell’epatocarcinoma, dove si assiste ad un notevole deterioramento della funzionalità del fegato, il quale fisiologicamente presiede ad un alto numero di funzioni tra cui il metabolismo dei nutrienti, degli ormoni (es. estrogeni), la produzione dei Sali biliari, la protezione dalle infezioni ed i processi di detossificazione. Ad ogni modo la composizione nutrizionale dei macro e dei micronutrienti (es. vitamina D) può fare la differenza ed influenzare la progressione patologica e la tollerabilità delle terapie.

Lo stato nutrizionale e la composizione della dieta sono elementi importanti in relazione al rischio di epatocarcinoma ed hanno un peso anche nella prognosi.

L’alimentazione può agire positivamente sulle condizioni antecedenti la cancerogenesi e quindi il tumore al fegato, come per esempio attraverso la riduzione della steatosi e dell’infiammazione epatica. Inoltre in chi soffre di cirrosi epatica è fondamentale prendersi cura dell’alimentazione e di una corretta nutrizione dell’organismo, come per esempio per quanto riguarda la qualità proteica. In aggiunta uno stato nutrizionale equilibrato migliora la funzionalità epatica, colma i deficit nutrizionali ed incide positivamente sul decorso clinico. Al fine di prevenire la progressione da steato-epatite a cirrosi o tumore del fegato è pertanto di fondamentale importanza ottimizzare lo stato metabolico.

Il microbiota

Il tratto gastrointestinale è colonizzato da un ampio numero di microrganismi, che formano il cosiddetto microbiota intestinale. Quest’ultimo è un vero e proprio ecosistema vitale ed in grado di produrre numerosi prodotti metabolici, i quali a loro volta interagiscono con l’ospite modulando il sistema immunitario, regolando il metabolismo ed influenzando i fattori di rischio per le malattie ed addirittura le risposte alle terapie. I risultati delle ricerche scientifiche sostengono con forza un legame tra il microbiota e lo sviluppo di tumori in ambito gastrointestinale. A titolo di esempio possiamo citare gli effetti pro-tumorali di Helicobacter pylori sul tumore gastrico, oppure l’azione tossica e pro-tumorale da parte di Escherichia coli e Fusobacterium nucleatum nel tumore del colon retto. Alcuni batteri, infatti, possono indurre un’infiammazione cronica, stress ossidativo, danni al materiale genetico (DNA) e possono sintetizzare tossine pericolose.

Il sistema digerente è particolarmente esposto al contatto con molecole cancerogene esterne o di origine interna. Gli acidi biliari sono secreti dal fegato ed attualmente sono al centro di molto interesse clinico a causa delle ben note proprietà pro-tumorali. Queste sostanze hanno effetti anti-microbici e possono modulare la composizione del microbiota intestinale, il quale a sua volta regola la quantità e la tipologia degli acidi biliari circolanti. Alcuni generi di batteri presenti nell’intestino sono in grado di convertire gli acidi biliari in metaboliti secondari e pro-cancerogeni (es. DCA) come per esempio da parte di Bacteroides, Clostridium, Eubacterium , Escherichia e Lactobacillus. La maggior parte di questi acidi biliari secondari sono poi riassorbiti nell’intestino e trasportati nuovamente al fegato. Ciò potrebbe avere una rilevanza anche nel tumore del fegato, in quanto l’alterazione del microbiota intestinale potrebbe favorire la produzione di queste molecole, che potrebbero accumularsi nel fegato provocando l’infiammazione epatica e danno alle cellule del fegato. Inoltre è stato osservato che i pazienti colpiti da disturbi al fegato, come il fegato grasso, la fibrosi, cirrosi e l’epatocarcinoma mostrano spesso una condizione di disbiosi intestinale che è caratterizzata da un aumento dei batteri aerobici e pro-infiammatori Enterobacter, Enterococcus e Clostridium che sono in grado di produrre abbondanti acidi biliari secondari.

Il microbiota intestinale e le malattie croniche del fegato sono strettamente collegate tra loro.

Il fegato riceve un abbondante flusso di sangue dall’intestino attraverso la vena porta e perciò è continuamente esposto ad un ampio spettro di molecole di origine intestinale come i derivati batterici e tossine. Inoltre il fegato dispone di diversi tipi di cellule, che reagiscono al flusso costante di queste sostanze dando avvio ad una risposta pro-infiammatoria. Questi aspetti diventano sempre tanto più rilevanti quando si considera che la disbiosi intestinale può esacerbare i processi che portano alla steatosi epatica. Si assiste generalmente a livelli più elevati di Escherichia, Anaerobacter, Lactobacillus, Streptoccoccus mentre Prevoletta e Alistipes tendono ad essere di meno. La steatoepatite ha, invece, una correlazione con la presenza del genere batterico Escherichia. Infine i cambiamenti nel microbiota intestinale sono strettamente associati all’obesità e contribuiscono all’infiammazione epatica attraverso il cosiddetto asse intestino-fegato.

In aggiunta gli studi hanno osservato che la steatosi epatica non alcolica è spesso accompagnata dalla sindrome della permeabilità intestinale, in cui l’intestino perde l’integrità di barriera, e da una sovra-crescita batterica nel tenue. La mucosa intestinale non svolge appieno la funzione di scudo per l’organismo e dietro l’epitelio sosta spesso un sistema immunitario poco efficiente, mentre le citochine pro-infiammatorie sono abbondanti. Tutto ciò suggerisce che la traslocazione dei microrganismi e dei lori derivati attraverso la parete intestinale ed infine nel torrente circolatorio sia uno dei fattori più rilevanti, per quanto nascosti, nella genesi della steatosi. In questi meccanismi si inserisce anche l’azione dell’alcool, che causa un aumento della proliferazione batterica nell’intestino. A proposito si ipotizza che in una condizione di disbiosi possa avvenire un’iper-produzione di etanolo da parte dei batteri produttori di alcool (es. Escherichia). Ciò aggrava la permeabilità intestinale ed induce la forte liberazione di radicali liberi causando di concerto un quadro di infiammazione al fegato, già gravato dalla steatosi.

Le raccomandazioni del Cembio

In conclusione l’alimentazione per il tumore al fegato e la dieta del tumore al fegato agiscono direttamente ed indirettamente sullo sviluppo o sulla prevenzione del cancro attraverso meccanismi molteplici. Ad ogni modo, considerando i numerosi fattori dietetici e clinici implicati, è sempre bene rivolgersi ad uno specialista al fine di impostare una terapia nutrizionale equilibrata e adattata sulla persona (e non standard per tutti). Ciò è sottolineato anche dal fatto che la terapia nutrizionale deve essere ritagliata ad hoc sulla base delle condizioni di salute, del tipo di tumore e deve essere adeguata alle cure effettuate in passato o previste in campo oncologico.

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