Il sonno al giorno d’oggi è particolarmente minacciato da uno stile di vita irregolare, da scelte comportamentali lontani dalla nostra natura biologica e dall’ingresso imponente e nocivo dell’iper-tecnologia nelle nostre vite. Non sorprende che i disturbi legati al sonno, in primis l’insonnia, siano attualmente fenomeni particolarmente diffusi. D’altra parte l’essenzialità del sonno per il benessere psicofisico della persona è ormai indiscusso fa sì che l’insonnia si ripercuota negativamente sulla salute e possa richiedere un supporto per affrontarne le cause sottostanti.

Che cosa si intende per insonnia?

Il termine insonnia si riferisce alla difficoltà ad addormentarsi, mantenere un sonno continuo e/o al disagio di svegliarsi molto prima dell’atteso al mattino. Questi disturbi possono accompagnarsi a disfunzioni nelle attività diurne, minori capacità attentive oppure problemi nel mantenere la concentrazione. In generale i sintomi chiave di una vera insonnia devono essere frequenti e perdurare per almeno tre mesi.

L’insonnia è un disturbo molto comune, seppur spesso temporaneo. Tuttavia, si stima che circa una persona su dieci nei paesi più industrializzati soffra di insonnia cronicizzata. Ciò si verifica soprattutto per problematiche alla presenza di patologie fisiche dolorose, stress, preoccupazioni, orari irregolari ed utilizzo eccessivo degli strumenti tecnologici.

Le conseguenze del disturbo

Chi lamenta un’insonnia cronica spesso presenta uno stato di ipervigilanza e di iperstimolazione psicofisica caratterizzata da alterazioni nell’attività del sistema nervoso, del livello dell’ormone cortisolo, del battito cardiaco e delle onde cerebrali. Dal punto di vista mentale le persone, quando cercano di addormentarsi, riferiscono un accumulo di pensieri caotici e senza sosta.

Un disturbo di insonnia può alterare alcuni processi cognitivi come la capacità di trovare una soluzione ad un problema difficile o impegnativo, il recupero di alcuni ricordi, oltre a poter eventualmente rallentare i tempi di reazione e l’efficienza nell’elaborazione mentale delle informazioni. A fronte di ciò spesso le persone cercano di compensare questi deficit ricorrendo a stimolanti (es. energy drink, caffè, fumo, droghe), ma questa strategia apporta soltanto effetti limitati e nel tempo addirittura controproducenti.

In aggiunta, piuttosto che fare sogni veri e propri le persone con insonnia persistente tendono a sperimentare la fase REM del sonno come se fosse più vicina ad uno stato di pseudo-veglia e con un focus incentrato ancora sulle preoccupazioni attuali.

Umore, ansia, stress e comportamenti

Fin dai tempi antichi è nota l’associazione del disagio psicologico con una bassa qualità del sonno. Dal punto di vista della personalità una spiccata reattività agli eventi stressanti o alle preoccupazioni, così come la ricerca di un forte perfezionismo, la sensibilità all’ansia ed al rimuginio aumentano il rischio di disturbi del sonno. Spesso la goccia che fa traboccare il vaso riguarda per lo più episodi o pensieri intrusivi legati a potenziali minacce al benessere personale o familiare, oppure a potenziali ostacoli a ciò che riteniamo davvero importante. In particolare lo stress acuto ed il senso di incertezza ansiosa incidono negativamente sia sul sonno iniziale che sul suo mantenimento durante l’arco notturno.

Come osservato da molti studi il rapporto tra l’umore deflesso ed il sonno è bidirezionale, in quanto da un lato questo stato d’animo influenza la qualità e la durata del sonno e dall’altro chi non dorme bene è più suscettibile a ripercussioni psicologiche in futuro. Non è infrequente osservare inoltre una stretta correlazione tra umore depresso, insonnia e malattie cardiovascolari.

Una mente colma di preoccupazioni e di ruminazioni mentali continue svolge un ruolo chiave nell’aggravamento dell’insonnia, al pari di uno stato d’animo più sofferente o inquieto quando si va a dormire. Vi possono essere anche comportamenti inappropriati o controproducenti come per esempio l’uso eccessivo di device elettronici, il consumo eccessivo di stimolanti, avere orari irregolari o trascorrere molto tempo a letto. D’altra parte recuperare una buona qualità del sonno è possibile ed agisce in modo preventivo sull’umore, soprattutto se accompagnato dall’assunzione di uno stile di vita più salutare e di comportamenti giornalieri adeguati.

Che cosa facciamo al Cembio

Approcci non farmacologi validi esistono e dovrebbero rappresentare la prima scelta per chi ha problemi ad addormentarsi, si risveglia frequentemente, oppure non riesce a sentirsi ben riposato al mattino. L’utilizzo di farmaci ipnotici, se non in fase di emergenza, per più di 3-4 settimane non risolve generalmente condizioni ormai cronicizzate ed al contempo aumenta il rischio di effetti avversi, tolleranza o di un vero e proprio abuso.

Diversi studi hanno confermato che un percorso psicologico mirato può portare benefici a livello dello stato di benessere e della qualità di vita relativi al sonno. Per questi motivi uno dei focus principali del Centro di Medicina Biologica è di poter aiutare la persona a riacquistare un buon sonno, sentirsi con più energie durante la giornata e con il mantenimento delle normali capacità giornaliere. Per raggiungere quest’obiettivo riteniamo importante un percorso mirato di tipo psicologico al fine di prendere in considerazione i fattori di rischio, i comportamenti e le abitudini inappropriate al fine di migliorare lo stato di benessere e svolgere una corretta prevenzione psicofisica. A tale scopo ci avvaliamo anche di altre tecniche come per esempio le metodiche di rilassamento o ispirate alla mindfulness, oltre all’utilizzo del biofeedback e neurofeedback.

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Riferimento bibliografici principali:

  • Perlis ML, Posner D, Riemann D, Bastien CH, Teel J, Thase M. Insomnia. Lancet. 2022 Sep 24;400(10357):1047-1060;
  • Brownlow JA, Miller KE, Gehrman PR. Insomnia and Cognitive Performance. Sleep Med Clin. 2020 Mar;15(1):71-76;
  • Morin CM, Jarrin DC. Epidemiology of Insomnia: Prevalence, Course, Risk Factors, and Public Health Burden. Sleep Med Clin. 2022 Jun;17(2):173-191.
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