Per astenia si intende una sensazione soggettiva di una profonda mancanza di energia accompagnata da debolezza muscolare e fatica nello svolgimento delle attività quotidiane. È quindi un termine molto affine a quello di stanchezza cronica, la quale se perdura troppo tempo può sfociare in un vero e proprio disturbo. Scopriamo insieme perché e quale approccio è più corretto per prendersene cura.

La sindrome da fatica cronica: di che cosa si tratta

La sindrome da fatica o stanchezza cronica è un disturbo complesso e multifattoriale che riguarda quasi l’1% della popolazione mondiale e senza una chiara differenza tra uomini e donne. Essa si caratterizza in primo luogo per la presenza di una stanchezza eccessiva, astenia con dolori muscolari, senso di malessere generale, difficoltà nel mantenere la concentrazione e sonno non ristoratore. Di fatto a differenza della normale spossatezza coloro che hanno questa sindrome non si sentono pieni di energia neanche dopo aver dormito.

Le conseguenze ed i sintomi

La sindrome da stanchezza cronica, oltre a ripercuotersi negativamente sul livello di energie fisiche e mentali, può causare anche:

  • Maggiore suscettibilità alle infezioni;
  • Tempi di recupero più lunghi;
  • Possibili linfonodi ingrossati o febbricola;
  • Modificazioni del tono dell’umore;
  • Ritiro dalla vita sociale.

Quali fattori sono coinvolti?

Dal punto di vista genetico si ritiene che una combinazione di diverse variazioni genetiche aumenti la vulnerabilità della persona a sviluppare la sindrome da fatica cronica. In particolare sono stati scoperti diversi geni collegati all’infiammazione, ai neurotrasmettitori ed alle trasmissioni nervose. Ma la sindrome non è di per sé una malattia genetica e pertanto prende avvio anche sulle influenze esterne ed ambientali.

Accanto ad una suscettibilità genetica si ritiene che intervengano anche diversi fattori ambientali.

Uno degli aspetti più studiati è rappresentato da una disfunzione del sistema immunitario, il quale, da un lato risulta meno pronto a sconfiggere i patogeni, e dall’altro si mostra particolarmente iperattivo nel mantenere uno stato infiammatorio silente. In merito diversi studi hanno riscontrato un lieve-moderato aumento dei livelli di molecole pro-infiammatorie come per l’esempio l’interleuchina 2, 6 e TNF-alfa.

Una delle cause più affermate è sicuramente l’origine infettiva, in particolare in seguito ad infezioni sintomatiche da virus. Come per esempio da parte del virus Epstein-Barr, Parvovirus o Covid-19, spesso in persone già con altre problematiche di salute ed un sistema immunitario non ottimale. In generale si stima che vi sia una probabilità del 5-10% di sviluppare la sindrome da stanchezza cronica successivamente ad una severa infezione virale o alla malattia di Lyme.

Si tratta di una sindrome sistemica che colpisce diversi organi ed apparati.

Un ulteriore segno caratteristico del disturbo è il malessere post-esercizio. Dopo uno sforzo fisico i sintomi sia fisici che mentali tendono ad aggravarsi nelle ore successive. Tutto ciò potrebbe essere conseguenza di una reattività immunitaria più pronunciata in seguito a movimenti incongrui o troppo intensi rispetto alla media.

Benessere psicofisico

Oppure altre cause riguardano forti periodi di sofferenza psicologica o stress psicofisico cronicizzato. Tuttavia, e purtroppo, la similarità con la depressione clinica porta in alcuni casi a giudicare in modo sbrigativo queste persone come fondamentalmente depresse. Se da un lato vi possa essere eventualmente un vero e proprio disturbo depressivo pregresso, dall’altro ciò non vale per tutti i casi, tenendo in considerazione il fatto che questa spossatezza generale può determinare una tale alterazione della vita quotidiana al punto da poter sfociare in un vero e proprio disturbo del tono dell’umore. In aggiunta, a differenza della depressione spesso non c’è apatia, bensì un’intensa frustrazione nel vivere questa situazione di impasse.

Ad ogni modo lo stress, la frustrazione ed il disagio possono accumularsi nel tempo tanto da influenzare il funzionamento del sistema nervoso in merito all’appetito, al sonno, all’umore e rendendolo più sensibile anche ai dolori percepiti nelle varie zone del corpo.

Il ruolo dell’intestino e degli ormoni nell’astenia persistente

Altri studi puntano l’attenzione su ciò che accade a livello del benessere gastrointestinale. Qui è possibile riscontrare generalmente uno sbilanciamento dei microrganismi che abitano il tratto intestinale, così come segni di infiammazione intestinale latente. In alcuni individui la spossatezza può essere aggravata dalla presenza di disturbi gastrointestinali. In particolare in caso di perdita dell’integrità e della funzionalità dell’intestino, che si verificano in caso di rilevanti processi infiammatori. Tutto ciò indebolisce la barriera intestinale esponendo tutto l’organismo alla diffusione sia di microrganismi che di sostanze nocive. Inoltre, la stanchezza cronica va spesso a braccetto con la sindrome del colon irritabile.

La stanchezza cronica è associata a confusione mentale, mialgia e sonno non ristoratore.

Un ulteriore fattore spesso riscontrato è la presenza di un’alterazione del sistema ormonale. In special modo dell’asse neuro-endocrino che porta poi al rilascio di alcuni ormoni da parte delle ghiandole surrenaliche. Ne rappresentano un campanello d’allarme la presenza di fatica muscolare, insonnia o sonno frammentato, difficoltà di concentrazione e stanchezza al mattino. In merito diversi studi hanno dimostrato un generale basso livello dell’ormone cortisolo, che può provocare effetti a livello metabolico, infiammatorio e cognitivo.  Ma possono verificarsi anche abbassamenti del funzionamento tiroideo, così come un forte calo degli estrogeni, come per esempio in seguito ad isterectomia o menopausa precoce, può incidere sul sonno e le energie.

Cembio: per un approccio efficace alla stanchezza cronica

In caso di sindrome da stanchezza cronica e persistente, come comportarsi? Noi del Centro di Medicina Biologica consigliamo innanzitutto di effettuare un consulto con i nostri specialisti al fine di valutare le condizioni di salute in modo completo. Come abbiamo detto i fattori coinvolti possono essere differenti includendo in primis aspetti legati al funzionamento immunitario, ormonale, gastrointestinale e/o riguardanti lo stress psicofisico.

È opportuno sottolineare che pur all’interno dello stesso disturbo sussistono differenze interindividuali degne di nota. In poche parole non tutti mostrano gli stessi sintomi e segni. Ne consegue che non esiste un unico trattamento, bensì l’approccio deve essere personalizzato e calibrato alla singola persona.

Per esempio alcune persone necessitano in modo prioritario di focalizzarsi sul miglioramento del sonno, altre sulla gestione irrisolta di infezioni recidivanti, altre sulla gestione del sovraccarico da stress, altre sull’ottimizzazione dello stato nutrizionale ed intestinale, infine altre ancora su possibili stili di vita scorretti (es. droghe, alcool, ritmi irregolari, sovrallenamento).

Per questi motivi occorre una valutazione approfondita delle possibili cause e fattori di rischi alla base al fine di scegliere le cure più adatte. Le quali, a differenza di quanti molti credono, non possono limitarsi all’assunzione di vari tonici ed ‘energizzanti’, che possono soltanto tamponare i sintomi o addirittura provocare nel tempo un maggiore esaurimento energetico. Viceversa, noi crediamo che si debba andare a fonda della problematica affinché questa possa essere finalmente risolta.

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Riferimento bibliografici principali:

  • Bateman L, et al. Myalgic Encephalomyelitis/Chronic Fatigue Syndrome: Essentials of Diagnosis and Management. Mayo Clin Proc. 2021 Nov;96(11):2861-2878;
  • Cortes Rivera M, Mastronardi C, Silva-Aldana CT, Arcos-Burgos M, Lidbury BA. Myalgic Encephalomyelitis/Chronic Fatigue Syndrome: A Comprehensive Review. Diagnostics (Basel). 2019 Aug 7;9(3):91;
  • Fluge Ø, Tronstad KJ, Mella O. Pathomechanisms and possible interventions in myalgic encephalomyelitis/chronic fatigue syndrome (ME/CFS). J Clin Invest. 2021 Jul 15;131(14):e150377.
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